Bonus Bebè illegittimo, ex amministratori condannati per “danno erariale”
La corte dei conti ha pubblicato la sentenza per le spese legali sostenute dal Comune, quando l'amministrazione Candiani decise di resistere in tre gradi di giudizio

Non c’è pace per il “bonus Bebè” di Tradate, già dichiarato “illegittimo e discriminatorio” negli anni scorsi in ben tre gradi di giudizio. Tre gradi in cui gli ex amministratori guidati dall’allora sindaco Stefano Candiani, avevano deciso di resistere e che oggi, proprio per quella “resistenza”, si vedono costretti a risarcire il comune di Tradate per circa 17mila euro. Il tutto è contenuto nella delibera della Corte dei Conti che è stata pubblicata lo scorso 4 agosto e che evidenzia, ricostruendo tutta la vicenda, i diversi gradi di responsabilità su quanto accaduto.
Ma andiamo con ordine. La delibera approvata dall’amministrazione Candiani risale al 2007 e prevedeva un contributo di 500 euro ai nuovi nati solo se entrambi i genitori erano residenti a Tradate da più di cinque anni. Su questa base sono stati presentati diversi ricorsi, uno anche dall’associazione Farsi Prossimo. La delibera, in via cautelative venne sospesa nel 2010 ma il Comune, con delibere di Giunta, decise di resistere in tutti i gradi giudizio, fino in Cassazione, nel 2012, quando il provvedimento è stato definitivamente marchiato come “illegittimo e discriminatorio”.
In sospeso vi erano però le spese legali sostenute dal Comune di Tradate per affrontare la “resistenza” nei tre gradi di giudizio. Oggi la Corte dei Conti ha stabilito che gli ex amministratori (sindaco Candiani, Giunta e consiglieri di maggioranza), più l’allora segretario comunale Carmela Pinto, dovranno risarcire il comune di Tradate per un totale di oltre 17mila euro.
«È indubbio, infatti, che il regolamento approvato dal Consiglio comunale – si legge nella delibera della Corte dei Conti -, su proposta dell’Assessore alle Finanze e con il sostegno del Sindaco con specifiche argomentazioni, così come le delibere di costituzione/azione in giudizio si configurano come una fattispecie unitaria in termini di finalità, e conseguenti effetti discriminatori, costituendo la causa del danno erariale in contestazione».
La difesa dell’allora sindaco Candiani, sentito nello scorso maggio dalla Corte, ha affermato che «il danno contestato dalla Procura è quello provocato unicamente dalla resistenza in giudizio del Comune di Tradate nelle tre fasi del contenzioso, e non quello derivante dall’approvazione della delibera poi considerata discriminatoria, la quale, appunto, non ha recato alcun pregiudizio né diretto né indiretto nei confronti del denaro pubblico comunale». E ha aggiunto: «La scelta di riservare alle sole famiglie italiane il bonus bebè era giustificata non certo da intenti discriminatori, bensì dalla volontà di agevolare le nascite sul territorio attraverso un incentivo una tantum ritenuto legittimo, come si è visto, anche dalla Consulta, e dalla contestuale assenza di una giurisprudenza di merito pronunciatasi in senso sfavorevole».
Ma la Corte risponde che «gli aiuti economici oggetto della deliberazione in esame hanno determinato un’effettiva discriminazione fra la posizione del cittadino italiano e quella dello straniero (comunitario) sulla base anche del principio giurisprudenziale della Corte costituzionale richiamato nella sentenza n. 432/2005. Ciò perché, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa, il provvedimento in esame ha violato il principio di uguaglianza direttamente riferito ai diritti inviolabili dell’uomo, atteso che il bonus bebè in questione sarebbe stato elargibile solo se entrambi i genitori fossero di cittadinanza italiana. Per quanto riguarda invece le delibere emesse dalla Giunta comunale (nn. 100, 133 e 176 rispettivamente del 17 giugno, 9 agosto e 18 ottobre 2010) evidente risulta l’antigiuridicità delle condotte poste in essere dai componenti della Giunta consistente nell’aver deciso di resistere in ben tre fasi di giudizio. Tanto precisato, deve evidenziarsi infine che la condotta antigiuridica della Pinto, nella duplice veste di Segretario Generale e Responsabile del Servizio del Comune di Tradate si è invece sostanziata nel non aver mai nulla obiettato sia nella delibera del Consiglio Comunale, sia nelle successive tre delibere della Giunta Comunale più volte menzionate».
Ora, coloro che sono stati giudicati responsabili dovranno risarcire il comune comune di Tradate. La Corte dei Conti ha così stabilito che il 50% della cifra dovrà essere a carico dell’allora segretario comunale; il 20% suddiviso tra i consiglieri comunali, mentre il 30% tra il sindaco Stefano Candiani e gli ex componenti della Giunta (Vito Pipolo, Filippo Renna, Ambrogio Crespi, Giorgio Stevenazzi, Giuseppe Bonasso, Davide Fratus, ma non Franco Accordino che non fu mai presente all’approvazione delle delibere di Giunta).
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Sarebbe il colmo che, per non pagare quanto dovuto, si professassero nullatenenti…!!
L’esito delle … fatte solo per far spettacolarizzazione politica, lasciando poi il comune con milioni di debiti tra prestiti e mutui.
Ma tanto io son convinto che alle prossime elezioni Tradate tornerà leghista in quanto gli italiani ripongono maggiore attenzione verso la politica urlata rispetto alla politica del lavorare umilmente a testa bassa e risolvere problemi.