Cecchi: “La prevenzione è strategica, ma si è scelto di non farla”

L'assessore alla cultura è un esperto di tutela del patrimonio e si è occupato in prima persona del tema. "La prevenzione è strategica per la salvaguardia del territorio e può creare occupazione per un milione di addetti di medio e alto livello"

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“Solo dopo che il terremoto ha battuto si sentono le urla e gli strepiti. È solo dopo le prime lesioni, quando le decorazioni se ne vanno in pezzi e gli affreschi vengono ridotti in briciole, che si levano le proteste. Solo allora, i soloni s’ergono dalla cintola in su come tanti Farinata degli Uberti da scrivania, per dire che non si è fatto nulla per salvaguardare il patrimonio culturale dall’ineluttabile perdita”.

Le parole di Roberto Cecchi, pubblicate su una rivista scientifica nel 2009, non girano intorno alla questione. L’assessore alla cultura del comune di Varese è un esperto della materia e ha lavorato a lungo su questo. È suo il documento più importante in materia quando era segretario generale del ministero dei Beni e attività culturali. Le linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale allineate alle nuove norme tecniche per la costruzione sono una circolare di centinaia di pagine pubblicata nel 2010.

Oltre a questo, un anno fa, ha pubblicato con Skira il volume Abecedario, come proteggere e valorizzare il patrimonio culturale italiano.

In una intervista, non ancora pubblicata da Varesenews, l’assessore raccontava l’importanza di lavorare sui dati e partiva proprio dalla fragilità del nostro paese. Lo abbiamo sentito nuovamente per approfondire un tema che l’attualità ci ripresenta in tutta la sua drammaticità.

Il 74% del territorio nazionale – argomenta Cecchi – è a rischio sismico. Sono dati risultati da una ricognizione fatta nel 2003. In questi anni è maturata la consapevolezza istituzionale del problema, ma sul fronte della prevenzione è stato fatto molto poco. La sensazione è che non si voglia fare perché non fare un piano paesaggistico lascia le mani libere. Le linee guida per la prevenzione sismica non sono state prese in considerazione. Dove le cose sono andate diversamente e sono stati fatti interventi anti sismici, in alcune aree della Lunigiana e delle Marche, di fronte a forti scosse non ci sono stati danni. Un esempio ancora più forte è il monastero nella zona rossa dell’Aquila rimasto in piedi dopo che era stato ristrutturato prima del terremoto con lavori che avevano tenuto conto di azioni anti sismiche”.

Si arriva sempre a guasto avvenuto – prosegue Cecchi – e quindi, si deve provvedere sempre a fare qualcosa di una certa rilevanza e tendenzialmente costoso. È un circolo vizioso: la mancanza di risorse impedisce di programmare interventi di manutenzione e la mancanza di manutenzione produce guasti che vanno riparati con il restauro, il che impedisce qualsiasi forma di programmazione. Un giro che ci espone costantemente a pericoli di crollo e comunque a interventi importanti”.

Cecchi non ha dubbi: “il lavoro più importante è la prevenzione. Conviene da un punto di vista umano, artistico, ma anche economico, perché il nostro Paese spende decine di miliardi a causa dei terremoti per la ricostruzione. Migliorare gli edifici non richiede necessariamente interventi costosi. In Italia ogni 2-3 anni abbiamo un sisma con gravi conseguenze. La prevenzione diventa così fondamentale e non è altro che una parte della più generale attività di prevenzione-manutenzione, l’unica chance che abbiamo per uscire dall’emergenza. Questo è strategico per la salvaguardia del territorio e al contempo potrebbe essere un volano occupazionale per professionalità di medio e alto livello. Se si lavorasse su tutto il patrimonio è stimato che le attività di manutenzione a pieno regime potrebbero occupare circa un milione di addetti. Le risorse si troverebbero attraverso varie azioni sia di incentivazione fiscale che di finanziamento attraverso la Comunità Europea. In questi anni si è scelto di non fare prevenzione e poi ogni volta ci meravigliamo e rattristiamo per quello che succede”.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 24 Agosto 2016
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