Melvin Johnson, il “rookie” che Varese ha preso per la gola
Ritratto della giovane guardia della Openjobmetis. «Mi piace far canestro in tutti i modi. Amo la cucina italiana, i pizzoccheri mi hanno folgorato»
I rookies sono una categoria a parte nel variegato mondo dei giocatori americani che sbarcano in Italia. Inesperti, a volte nostalgici, spesso “pompati” dai propri agenti, talvolta sbruffoni, frequentemente ignari di cosa sia l’Italia (e l’Europa) a livello di vita, abitudini e pallacanestro. A Varese questo tipo di giocatori – almeno negli ultimi lustri – non sono riusciti a sfondare: ecco perché c’è una certa curiosità nei confronti di Melvin Johnson, 23enne del Bronx, che sullo scacchiere della Openjobmetis dovrà ricoprire il ruolo (chiave) di guardia titolare.
Barba appena accennata, sorriso stampato, Melvin (nella foto in alto mentre “scruta” il panorama di piazza Montegrappa) davanti ai microfoni ha fatto la stessa impressione che ha dato in campo: estroverso senza essere un bauscia, ricco di personalità ma attento ai suggerimenti e a quel che gli succede attorno. Insomma, non ha quella faccia del “catapultato dall’altra parte dell’oceano” che accomuna tanti esordienti abituati a essere stelle del proprio college, ma senza alcuna conoscenza della vita reale e professionale.
«Essere un rookie in una lega importante e di alto profilo come quella italiana, per me vuol dire prima di tutto saper ascoltare. E poi mettere in pratica quello che mi viene detto. Ciò vale sia per l’aspetto tecnico sia per tutto quello che ruota intorno al campo: quando ho scelto l’Italia per prima cosa ho chiamato altri giocatori che hanno esperienza da voi. Ho chiesto loro il livello del torneo, quali sono le squadre principali ma anche che rapporti ci sono con i tifosi o quali comportamenti vanno tenuti in casa e in trasferta».
Melvin Johnson nella “stanza dei trofei” della Pallacanestro VareseTra i suoi “referenti” anche Eric Maynor, che con Johnson condivide lo stesso college (Virginia Commonwealth – VCU) e che per la giovane guardia è un modello da seguire. «Ho firmato per Varese indipendentemente dalla scelta di Eric, però da quel momento ho iniziato a tempestarlo di messaggi e chiamate sia per chiedergli consigli, sia per assicurarmi che anche lui tornasse a giocare qui». A livello cestistico, MJ è stato descritto come un tiratore anche se le prime indicazioni arrivate dalle amichevoli parlano anche di un giocatore capace di creare canestri in entrata. «Visto il mio ruolo, l’arma principale è il tiro da lontano – conferma – però a me piace e interessa per prima cosa fare punti qualunque sia la distanza o il modo. Quindi ben vengano anche le entrate: credo di avere buone soluzioni anche attaccando il ferro».
Fuori dal campo, Johnson si è invece fatto prendere per la gola. «Ero già stato in Italia quattro anni fa, per una tournée con altri giocatori del college. Ora mi sto ambientando ma c’è già una cosa che mi affascina: la cucina. Ne vado pazzo, e quando tornerò in America a fine stagione cercherò in ogni modo di portare con me tanto cibo italiano». La folgorazione a Chiavenna, durante il ritiro, grazie ai pizzoccheri. «Quelli di sicuro ma non solo – ride Melvin quando parla dei propri passatempi – Per il resto mi piace nuotare e andare in bici anche se finora, con i tanti allenamenti e il mio recente infortunio, qui non ho potuto fare granché». E così, alla sera – assicura – è rimasto spesso a casa con Netflix in televisione e con la linea diretta con la famiglia: «Mia madre, in particolare, si sveglia di notte per parlare con me al telefono. Siamo molto legati, se gioco a livello professionistico è anche per loro».
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