Cherubino va in pensione: “Varesini, sostenete il vostro ospedale”
Ultimo giorno di lavoro per il prof Paolo Cherubino, primario di ortopedia e padre fondatore dell'Università. "La contrapposizione tra universitari e ospedalieri? Solo una voce maligna"
Ha chiuso per sempre la porta alle sue spalle. Lo studio ormai vuoto, riconsegnato a quell’ospedale che gli ha dato gioie e dolori. Il professor Paolo Cherubino, celebre primario della clinica di ortopedia di Varese, ha concluso la sua attività. Per raggiunti limiti di età, ha lasciato un posto e un ruolo che lo hanno visto grande protagonista, indomito lottatore, ambizioso professionista.
« Lascio questo lavoro consapevole di aver ricevuto tanto – commenta l’ex primario – Innanzitutto una grande famiglia, una moglie e tre figli che mi hanno sempre sostenuto. Poi un ambiente di altissimo valore tecnico formato da medici, specializzandi, infermieri e tecnici di grande qualità. Ho avuto tutte le soddisfazioni possibili nel mio campo. Una carriera accademica incredibile: a 40 anni ero già all’apice della scala gerarchica. Sono stato professore e poi preside di facoltà per ben 11 anni consecutivi: un primato in Italia. Sono stato presidente di molte società scientifiche: la prima di microchirurgia nel 78 e l’ultima qualche anno fa di ortopedia. Sono stato consigliere del Consiglio superiore di sanità. Ho aperto nuove vie chirurgiche come quando, nel 1973, al rientro da un anno in Giappone, feci il primo reimpianto di arto a Pavia, o quando nel 1982 effettuai un trasferimento di osso: uno dei pochissimi al mondo. Ho, infine, avuto la grande fortuna di incrociare sulla mia strada tantissime persone, personaggi noti e meno noti che mi hanno arricchito come persona e come professionista».
L’incontro speciale scolpito nella mente del il “prof” è con Papa Francesco: « Un momento che difficilmente si può dimenticare. Una persona così umana e diretta che non senti, al momento, il minimo disagio, l’emozione dell’evento. Solo dopo, a freddo, ti rendi conto della grandezza della persona».
Nella sua vita non si è mai fermato davanti a nulla: è stato in Amazzonia tra gli indios, rapito in Albania, adattandosi a usi, costumi e cucina locali in ogni parte del pianeta: « Credo di essere un apolide. Mi trovo bene ovunque perché ovunque mi sento a casa.Varese è una città molto provinciale e parrocchiale con scarsa umanità. Ha però incredibili ricchezze culturali nascoste».
Cherubino ricorda, così i suoi primi giorni a Varese: « A Pavia ero ormai stimato e affermato. Ma volevo rimettermi in gioco, volevo ottenere qualcosa lontano da dove ero cresciuto. Così accettai, insieme al professor Dionigi e a pochi altri, la scommessa varesina. All’inizio non avevo letti: solo tre stanze all’ospedale Del Ponte. Il primo intervento di protesi avvenne il 7 gennaio 91 grazie all’ospitalità del professor Gatta che mi diede un letto del suo reparto. Piano piano ho costruito ciò che è oggi l’ortopedia e la traumatologia varesine».
Il professore non si nasconde davanti alle pesanti critiche che da anni si muovono all’università: « Noi non abbiamo cannibalizzato l’ospedale. È una voce che qualche maligno ha messo in giro mentendo alla città. Quando siamo arrivati, invece, abbiamo trovato un ospedale di elevato valore, con grandi eccellenze. Ci siamo messi a collaborare in un ottica magari di rivalità, ma sempre positiva. Noi abbiamo portato le scuole di specialità prima e la facoltà di medicina poi. Se oggi l’ospedale di Varese è in queste condizioni, lo si deve solo alla politica regionale che lo ha affossato. Oggi il Circolo ha ancora grandi professionisti, eccellenze in molti ambiti, ma non si dà loro la possibilità di espandersi perché l’intero ospedale è in balia di un pronto soccorso ipertrofico che non riesce a rispondere alle richieste dato il ridotto numero di posti letto. La Riforma Maroni costerà un sacco di soldi per la burocrazia ma non si avranno vantaggi né medici né tecnologici. Io ho sempre portato avanti le mie battaglie senza criticare ufficialmente la direzione dell’ospedale anche perché chi amministra non è libero di agire come vuole, ma è obbligato da regole politiche dettate per arrivare a risultati per lo più di gestione economica».
La carriera del professor Cherubino è finita già qualche settimane fa: « Io me ne vado in punta dei piedi, senza clamori. Il reparto è già stato affidato. Ho smesso da tre mesi di operare perché ho voluto uscire di scena prima del declino. Sono felice di ritirarmi ora: il futuro non mi appartiene più. Chi rimane, però, dovrà tornare a credere in questo ospedale, magari ricordando l’esempio di chi lo ha preceduto e gli sforzi fatti per realizzare ciò che c’è».
L’ultimo saluto del professore è dedicato ai “suoi ragazzi”. Cherubino si commuove: « Gli specializzandi saranno gli unici a mancarmi. Ne ho visti crescere oltre 300 e tutti mi hanno dato tanto. Lavorare con i ragazzi è un privilegio: ti insegnano che non si finisce mai di imparare, ti aiutano ad ampliare il punto di vista ad accettare i cambiamenti. Per guidarli occorre solo essere solo un pochino sopra di loro. Sono grato a tutti per ciò che mi hanno dato».
È arrivato il momento degli adii. Da domani il “prof” si farà da parte. Ma c’è da scommettere che il suo spirito di guerriero tornerà a farsi sentire.
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