Dalla fabbrica alla Juve, “Geppetto” Torricelli si racconta ai ragazzi
L'ex campione della Juventus era presente alle Ville Ponti per l'assegnazione del Regional Award Randstad. È il testimonial insieme ad altri atleti del programma "Allenarsi per il futuro" realizzato da Randstad e Bosch
È ancora atletico e a tradire i suoi 46 anni sono solo i cappelli, portati lunghi come un tempo, ma bianchi. Moreno Torricelli è uno dei testimonial di “Allenarsi per il futuro“, progetto di due grandi multinazionali, Randstad e Bosch, dedicato all’alternanza scuola-lavoro. L’ex calciatore della Juventus va in giro per le scuole d’Italia, con altri testimonial del mondo sportivo, a raccontare la sua storia agli studenti.
Giovedì sera era alle Ville Ponti di Varese per l’assegnazione del Regional award Randstad e di fronte a una platea di imprenditori, manager e giornalisti ha parlato del progetto e dell’importanza di dare esempi positivi ai ragazzi. «Nella mia vita – ha spiegato Torricelli con un po’ di emozione – sono state importanti due cose: le regole e la passione per quello che facevo».
Ex falegname della Brianza, prima di approdare alla Juventus, Torricelli era un ragazzo qualunque che fin da bambino giocava a calcio per la strada. Tirare pedate al pallone è stata da sempre la sua grande passione, rimasta tale anche quando a 14 anni è entrato in fabbrica. Non appena finiva di lavorare, mangiava un panino e via verso il campo ad allenarsi con i compagni. «Militavo nella Caratese – ha raccontato – una squadra del campionato interregionale, e giocare al calcio mi divertiva un casino forse perché avevo iniziato a fare l’operaio troppo presto. Poi ho saputo cogliere l’attimo e la possibilità inaspettata».
L’attimo si chiamava Giovanni Trapattoni e la possibilità inaspettata Juventus. Torricelli viene notato dal mitico Trap durante un’amichevole e a 22 anni – età proibitiva per un giovane che vuole fare carriera nel calcio che conta – viene acquistato dalla Juve per 50 milioni di lire e aggregato alla squadra formata da grandi campioni, tra i quali c’era anche un certo Roberto Baggio che lo prende subito in simpatia affibbiandogli il soprannome di Geppetto. «Anche in serie A il mio segreto era il divertimento – ha continuato l’ex calciatore -. Quello che mi manca non sono le 60mila persone, le grandi partite o l’adrenalina, ma il calcio in quanto gioco. Non ho mai avuto problemi con i miei compagni perché sapevo adattarmi, d’altronde nessuno è perfetto e se vuoi andare d’accordo con trenta persone nello spogliatoio devi saper cogliere quanto c’è di meglio in ognuno di loro».
Oggi lontano dai riflettori si dedica ai tre figli e vorrebbe continuare a fare l’allenatore, carriera che ha iniziato otto anni fa. «Ai giovani – ha concluso Torricelli – consiglio sempre di rimanere umili, di non montarsi la testa e conquistarsi ogni traguardo con il sudore e la fatica. Ma soprattutto di non rinunciare mai ai propri sogni, perché hanno davanti uno che il proprio lo ha esaudito».
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