Il corpo di Nadia è tornato in Ticino, si pensa ad un complice
Proseguono le indagini sull'uccisione della maestra ticinese. Gli inquirenti stanno cercando altre tracce di dna perchè l'unico indagato Michele Egli non può aver fatto tutto da solo

Le spoglie di Nadia Arcudi è tornato in Ticino nella serata di martedì. Nella giornata di ieri, infatti, la Procura di Como ha dato il via libera al trasferimento del corpo della maestra di Stabio, trovata morta nei boschi di Rodero la sera del 16 ottobre scorso. Per la sua morte resta in carcere l’unico indagato per l’omicidio, il cognato 42enne Michele Egli che, però, non ammette di averla uccisa.
L’unica certezza che gli inquirenti hanno acquisito durante le indagini fin qui svolte, sia sul fronte italiano che su quello ticinese, è il suo coinvolgimento nella morte e nell’occultamento del cadavere della 35enne anche se l’indagato ha ammesso solo il secondo reato.
Nel frattempo, però, i nuovi accertamenti disposti hanno spostato l’ora della morte alle 23 di venerdì sera e cioè dopo che il suo corpo è stato trasportato da Egli nei boschi lungo la strada provinciale 21. Il suo passaggio sotto le telecamere del valico del Gaggiolo, infatti, risale alle 20 della sera stessa. Altro interrogativo, al quale gli accertamenti sui tessuti prelevati dal cadavere della stabiese devono dare una risposta, è la presenza di dna differenti da quello di Egli.
Avanza, dunque, il sospetto che il cognato di Nadia possa essere stato aiutato da qualcun’altro nello spostamento del corpo (forse ancora vivo) dalla casa in cui sarebbe stata aggredita. L’ipotesi di un secondo soggetto coinvolto è conseguente al fatto che in casa non sia stato trovato alcun oggetto fuori posto mentre è parso evidente agli inquirenti svizzeri come fosse necessario spostare addirittura dei mobili per spostare il corpo della donna e farlo uscire dall’appartamento.
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