Molina, la cassaforte che fa gola alla politica
Ats: "Gli investimenti del passato furono corretti". Il caso però è anche politico
Nella pancia del Molina c’è tantissimo denaro: soldi che sono arrivati, nei decenni, grazie alla generosità dei varesini e che per la città sono sacri. Non solo importanti, ma sacri, con la “esse” maiuscola. Lo dicono l’amore e la dedizione che, alla casa di riposo, hanno dedicato generazioni di donatori. E’ dal 1875 che la Fondazione Molina ha un suo statuto. Durante l’audizione in Regione, i vertici della Ats Insubria, che ha la facoltà di controllo sulle fondazioni private operanti in ambito sociosanitario, hanno spiegato che il Molina ha un patrimonio di 43 milioni di euro e una grande disponibilità liquida. Secondo il direttore generale dell’Ats Insubria Paola Lattuada “si tratta di una fondazione assolutamente solida”. Dai bilanci emergono immobilizzazioni materiali per 32 milioni di euro, immobilizzazioni finanziarie per 3 milioni di euro e 7 milioni e 300mila euro di liquidità.
Ma c’è anche un importante impegno finanziario di soldi pubblici. La Regione eroga ogni anni 9 milioni di euro circa per le prestazioni sanitarie offerte (il 45% delle entrate), mentre poco più di 10 milioni di euro (il 54% delle entrate) deriva dalle rette delle famiglie e da introiti privati.
E veniamo agli investimenti. Giusti o sbagliati? L’Ats ha sottolineato, nella sua audizione, che mai era stato concesso un prestito così “borderline“ come quello del 2015 di 450mila euro a Rete 55 Evolution spa. Infatti, Ats afferma che in passato sono state fatte molte operazioni finanziarie, ma furono corrette per un motivo: è giusto utilizzare un’importante liquidità per averne interessi, poiché lasciarla nei conti correnti senza rendimento, a dormire, andrebbe a svantaggio dello stesso ente. Però, attenzione: l’importante è che gli investimenti finanziari siano oculati. Ats ha affermato che tutte le operazioni fatte negli anni precedenti, e analizzate in questi giorni, sono corrette. Anche perchè erano sicure ed effettuate tramite banche o società quotate in borsa.
Detto questo, è però chiaro come il Molina sia sempre stato al centro degli interessi della Politica e che i risultati dipendono molto dal senso di responsabilità di chi viene posto alla guida dell’ente. Persino il sindaco di Varese, che nomina 4 consiglieri su 5 del cda, una volta indicati i nomi, non ha più facoltà di revoca (anche se mantiene la facoltà di dire come la pensa).
I soldi storici del Molina, va infine rimarcato, derivano da attività di natura pubblica, ma oggi sono incamerati in una fondazione di diritto privato che, secondo molti osservatori, non può avere una mera gestione privatistica. Primo, perché la Regione paga per le prestazioni. E secondo, perché il patto con i padri fondatori del 1875 prevede che si renda conto a tutta la città.
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Visto l’attivo di bilancio e l’enorme liquidita’, diminuire le rette no???E’ una casa di riposo, non una banca. L’intenzionalita’ delle donazioni e’ per l’attivita’ sanitaria. C’e’ denaro pubblico in questo bilancio e spero che la magistratura agisca…