Viaggio in Missoni, la casa di moda di famiglia
È l’unico brand che parte dal filo e arriva al capo di vestiario. Un casa della moda che lascia traspirare da ogni filo la sua storia
Fili, tantissimi fili. E colore, stoffa e manichini. Ma soprattutto colore e mani esperte. Siamo stati nella “fabbrica del colore” di Missoni a Sumirago, che, però, è una “fabbrica” solo evocativa: qui tutto ha il sapore dell’artigianato, dalla cura di chi ci lavora al tempo della produzione che ne rispecchia la meticolosità.
È l’unico brand che parte dal filo e arriva al capo di vestiario. Un casa della moda che lascia traspirare da ogni filo la sua storia: eccentrica e unica quando plasmata dal fondatore Ottavio Missoni (che era l’artista di casa) e decisa e vincente dove determinata dalla fondatrice e moglie Rosita Missoni (la stilista di casa).
L’occasione che ha spalancato le porte della maison sumiraghese, celebrata e conosciuta in tutto il mondo, è stata la presentazione dei risultati dell’osservatorio AUB (Bocconi, Aidaf, Unicredit) sulle aziende famigliari italiane. E quale miglior profilo della Missoni, saldamente nelle mani dell’azionariato di famiglia ma anche esempio di una conduzione che con esse è sempre stata profondamente intessuta e legata?
La ricerca presentata ha analizzato 746 realtà imprenditoriali italiane, appartenenti al settore moda e con un giro d’affari superiore ai 20 milioni di euro, per un totale di 52,6 miliardi di euro e una forza lavoro che si aggira sui 200mila dipendenti.
La fotografia che ne esce, per quel che può interessare la casa di moda dei Missoni, è che la loro situazione rispecchia in pieno alcuni dei tratti tipici osservati. Il 78% sono famigliari. Si tratta di imprese relativamente piccole ma che hanno vita lunga, crescono meno e non fanno acquisizioni ma vanno alla grande e producono risultati migliori.
Un identikit che rispecchia tutta la tradizione con la quale viene portata avanti la guida dell’eccellenza varesina che ha sempre avuto come baluardo il fare impresa ma è sempre stata capace di guardare sia al prodotto così come al territorio, ai valori e alla qualità della vita. «Basti pensare che la nostra azienda si trova qui a Sumirago – ha raccontato Angela Missoni -, perché mio padre ha voluto realizzarla nel luogo dove trascorreva i week end: in campagna».
L’impianto aziendale è stato costruito a fine anni 60, la prima produzione intera è arrivata nell’inverno del ‘70. «Quando abbiamo aggiunto il padiglione della tessitura – ha proseguito nel racconto Angela Missoni – è stato costruito separatamente al nucleo originario perché non si voleva rovinare il giardino».
Particolari che raccontano molto della peculiarità di conduzione di questa impresa che, però, fin da subito ha attirato attenzioni da ogni dove: «all’inizio degli anni 70 abbiamo codificato uno stile che gli americani chiamavano “put togheter” – ha raccontato Rosita Missoni – e da allora col tessuto abbiamo fatto tutto e sperimentato di tutto».
A fare da “ciceroni” in questa giornata particolare è scesa in campo la famiglia al completo. A guidare uno dei gruppi con la stampa è stato uno dei più giovani del board Missoni: Giacomo. Anche lui ora impegnato all’interno dell’azienda di famiglia e riavvicinatosi alla fabbrica, dove era cresciuto insieme ai nonni, dopo la scomparsa prematura del padre.
È stato lui a guidare le truppe tra i telai, i grandi rotoli di filo colorato, i ritagli e il laboratorio del cucito. In un’affascinante macchina che ha tutto il sapore della produzione di una volta, lo spessore di una storia importante e le innovazioni continue che lo mantengono saldamente sul mercato.
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