“La scuola mi vieta di fornire il pranzo a mio figlio”
Una madre solleva il diritto sancito da un tribunale di Torino. La scuola non vuole accogliere la sua richiesta. Sulla questione non c'è chiarezza e si attendono disposizioni precise

Un panino portato da casa per il pranzo scolastico. Una madre della scuola primaria di Cittiglio ci scrive per lamentare le difficoltà a far passare quello che lei considera: « Un diritto come ha stabilito un tribunale di Torino». La questione era stata sollevata l’estate scorsa quando la decisione dei giudici piemontesi avevano dato vita a un movimento diffuso per liberalizzare il pasto nella pausa scolastica.
« Il mio terzo figlio – racconta la signora Valeria – frequenta la III classe della scuola primaria di primo grado a Cittiglio. Visto quanto accaduto circa la possibilità di far mangiare a scuola il pranzo portato da casa, a nome mio e di altri due ragazzi, dal giorno 12 Settembre mi attivo per sapere che cosa fare. Nonostante scritti protocollati, telefonate e avvisi, non ho alcuna risposta fino a che decido di forzare la situazione e lascio a scuola il bambino con il pranzo il giorno 3 Ottobre, dopo aver allertato la scuola che lo avrei fatto. Triste usare un bambino per obbligare al colloquio ma stranamente il giorno successivo ho risposta dalla Dirigente, che mi rende noto che sta aspettando l’esito di riunioni tra dirigenti e istituzioni. Poi più nulla. Il giorno 24 Ottobre avviso che tristemente procederò nuovamente con pranzo a scuola visto la totale mancanza di informazioni nella tempistica e visto che si stava perpetuando la violazione di un mio diritto. Finalmente mi è arrivata la risposta : «in merito alla Sua mail del 24/10/16, si comunica che ieri, 26 ottobre 2016, il Consiglio d’Istituto ha approvato la revisione del Pof 2016 – 2019 che, per quanto riguarda il servizio mensa, prevede quanto segue: in tutte le scuole dell’Istituto è possibile usufruire del servizio mensa, fornito dalle Amministrazioni comunali. Si tratta di un momento educativo, facente parte a tutti gli effetti del percorso scolastico, e affidato alla gestione degli insegnanti. L’educazione alimentare e alla convivenza rientrano nel curricolo di “Cittadinanza e costituzione”. Per questo motivo si è stabilito che tutti gli alunni consumino lo stesso pasto, imparando così a scuola i valori legati alla corretta alimentazione».
Una risposta che non è piaciuta alla madre che si è emtita privata di un diritto : « Molte altre madri otterrebbero benefici da questa libertà. Vorrei almeno capire la vera motivazione».
La questione, in effetti è molto delicata: « Ci troviamo ad affrontare una situazione anomala – spiega Claudio Merletti dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale – di solito, le questioni scolastiche vengono decise dal Tar del Lazio. In questo caso si è espresso un giudice ordinario. Siamo quindi in attesa di disposizioni specifiche sull’argomento. È chiaro che il tema della mensa scolastica non è facile da risolvere perché coinvolge diversi enti. Si tratta di un momento educativo che viene gestito o direttamente dalla scuola in caso sia tempo scuola, oppure da personale del Comune quando i bambini si fermano per attività di doposcuola. Il cibo che viene proposto ai bambini è frutto dello studio di dietisti che attuano politiche alimentari specifiche, attente alle buone regole dei cibi sani. Aprire alla libertà dei singoli rischia di svilire questo pezzo formativo».
La questione, quindi, rimane aperta: « Attualmente sono di dirigenti che sono chiamati a decidere davanti alle singole richieste» ha concluso il dottor Merletti.
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