La storia del musulmano Issam, da detenuto a chierichetto del Papa
Il 34enne sta scontando la sua pena nella struttura di via per Cassano. Domenica era insieme ad altri carcerati in San Pietro per il giubileo: "Al Papa ho detto che i musulmani vogliono la pace"
Issam ha 34 anni ed è un detenuto della casa circondariale di Busto Arsizio. Il suo nome rimarrà nella storia per essere stato il primo musulmano a rimanere da solo con il Papa durante la vestizione in sacrestia e ha celebrato la messa con lui. Tra i chierichetti di Francesco, domenica scorsa, c’era anche lui insieme ad altri detenuti bustocchi che hanno vestito il Pontefice prima della messa per il Giubileo dei carcerati.
Ad Issam (il secondo nella foto da sin.) è stato dato un incarico importante, quello di reggere il vangelo mentre il capo della chiesa indossava i paramenti. E’ rimasto da solo con lui per alcuni minuti prima della liturgia. A segnalare Issam e gli altri per questo importante momento è stato don Silvano Brambilla, cappellano del carcere bustocco.
«Quando siamo entrati nella sacrestia ci ha abbracciati uno ad uno e ha parlato con tutti noi – racconta Claudio Bottan, responsabile del giornale Voce Libera – è stato un momento dirompente e tutti noi stiamo ancora facendo i conti con la forte carica di emozione che ci ha donato, anche perchè quando siamo partiti da Busto non sapevamo di essere scelti per questo compito tra gli oltre mille presenti».
Da Busto sono partiti 9 detenuti, il direttore Orazio Sorrentini e la responsabile dell’area trattamentale Rita Gaeta, oltre a don Silvano. Hanno portato a Francesco dei doni: una copia delle chiavi di San Pietro in cioccolato, realizzate nel laboratorio all’interno del carcere, e una copia del giornale Voce Libera.
Issam ha portato con sé anche il suo tappeto per la preghiera: «Ho voluto prendere parte a questo momento principalmente per dimostrare che i musulmani non sono i terroristi. Noi vogliamo la pace e l’ho anche detto a Papa Francesco».
La storia di Issam in Italia è iniziata 20 anni fa quando è arrivato in Italia per seguire i due fratelli che si erano laureati e si erano ben integrati. Per lui, però, le cose non sono andate allo stesso modo. Alcol e droghe lo avevano trasformato facendogli commettere una serie di reati che si sono accumulati fino a fargli aprire le porte del carcere di Busto Arsizio: «Il carcere mi ha cambiato e qui ho trovato il tempo e il modo di fortificare la mia fede in Allah – racconta – ho smesso di bere e di usare sostanze e grazie alla buona condotta ora potrò ottenere l’affidamento ai servizi sociali».
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