Quando il “post” diventa reato
Diffamazione online, diritto all'oblio, deontologia e responsabilità al centro dell'incontro di questa mattina in sala Campiotti
Cosa succede quando un post su un social network ha un contenuto diffamatorio? Come si può bloccare la circolazione online di un contenuto illecito? E a che rischi andiamo incontro quando pubblichiamo qualcosa sui nostri profili o su un sito internet? Domande che occorrerebbe porsi spesso e che riguardano tutti ma in particolare chi lavora nel mondo dell’informazione.
Di diritto, reati informatici, deontologia e scenari futuri si è discusso a Glocal, il Festival del giornalismo digitale organizzato da VareseNews.
Sul tema si sono confrontati Massimo Russo, (Managing Director, Digital Division Gruppo Espresso, Ceo Huffington Post Italia), Marisa Marraffino, (avvocato specializzata in cyber crime e docente alla Business School 24 Ore), Alessandro Galimberti, (presidente Unione nazionale cronisti italiani), intervistati dalla giornalista di VareseNews Roberta Bertolini.
Il confronto ha toccato tematiche diverse, dalle sanzioni a cui si può andare incontro in caso di mancato rispetto delle normative che regolano la proprietà dei contenuti fino all’impegno per bloccare in tempo reale la circolazione di video o file che possono ledere i diritti di altre persone, portando anche a gravissime conseguenze come ricordano casi di cronaca anche molto recenti.
“Per chi si occupa di comunicazione conoscere il mondo dei social è fondamentale, come lo è per ogni persona che li utilizza, e di conseguenza si devono conoscere anche tutti i rischi collegati ad un uso non corretto – ha spiegato l’avvocato Maraffino -. Come avvocati ci troviamo spesso a dover difendere chi è vittima di pubblicazioni offensive o irrispettose delle regole e spesso questo non è semplice, occorre conoscenza e competenza, anche semplicemente per raccogliere le prove”.
“In un contesto dove chiunque, anche anonimamente, può pubblicare liberamente qualsiasi contenuto, e diffonderlo a una platea indefinita di utenti, ragionare sulle regole è fondamentale – ha osservato Galimberti -. I proprietari delle tecnologie alla base dei social network hanno interessi diversi dal diritto del singolo di non essere diffamato o insultato online, piuttosto che a evitare la diffusione di materiale non lecito. E inoltre attualmente non esiste una normativa internazionale che obblighi i gestori della piattaforma a intervenire subito”.
“Più che sulle regole da imporre alle piattaforme e ai proprietari dei siti, credo che si debba ragionare sulla responsabilità dei singoli– ha commentato Russo -. Non è così semplice inoltre individuare e intervenire subito per eliminare ciò che non è lecito e naturalmente non può essere una macchina o un automatismo a farlo. Oggi si sente spesso dire che i social alimentano l’odio ma io non credo che la colpa sia dei social, occorre riflettere invece sui messaggi che sdoganano l’uso della violenza lanciati dal mondo della comunicazione e in particolare dai protagonisti dell’informazione, come i politici che a mio avviso oggi hanno enormi responsabilità”.
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