È made in Varese la “nuova Uber” dei city tour 4.0 a Londra
Tutto è nato su un volo San Pietroburgo-Malpensa e grazie a un “crowdfunding” da 300mila euro. Oggi Local Freddie fornisce guide che rispecchiano gli interessi dei turisti
L’idea è nata su un volo San Pietroburgo-Malpensa, è finita nero su bianco nella manciata di ore di scalo tecnico in Germania ed è stata battezzata praticamente in contemporanea. Poi Paolo Giorgetti, 48 anni, docente di ingegneria gestionale alla Supsi (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) di Lugano e Vittoria Arnold, 33 anni, globetrotter e poliglotta (parla correntemente tre lingue) si sono presi un mesetto per ragionarci su, analizzare mercato e competitor, limare e articolare business plan e progetto.
È nata così Local Freddie («perché Freddie? Eravamo indecisi fra freedom e friendly…»), la start up già definita “l’Uber dei city tour personalizzati” con sede a Londra, un management tutto al femminile, l’obiettivo di combinare il massimo della tecnologia con personalizzazione e umanizzazione. Una rivoluzione 4.0 nel senso vero del termine, che permette di incrociare esigenze e aspettative di ogni turista con le competenze e la preparazione di guide locali. E che punta a diventare l’anello mancate di una catena che ha già sovvertito le regole del mercato. Domani, infatti, potremmo pensare di organizzare un viaggio con Airbnb, prenotare il volo low cost tramite app, pianificare gli spostamenti in loco con Uber e appoggiarci al Freddie che meglio risponde alle nostre esigenze per ottimizzare il tempo trascorso nella destinazione prescelta (o per riempire utilmente le ore libere durante un viaggio di lavoro).
«Tutto è iniziato nel tentativo di rispondere a un bisogno concreto: il nostro – racconta Giorgetti, varesino di Cazzago Brabbia, ingegnere innamorato del lago e delle buone idee -. Lo scorso anno in università avevo una studentessa di San Pietroburgo e le ho chiesto di accompagnarci nella sua città d’origine per riuscire a coglierne quotidianità e abitudini».
L’organizzazione prevedeva che a salire in aereo fossero in cinque, Vittoria Arnold inclusa, ma pochi giorni prima della partenza alla studentessa viene negato il visto. «Ci siamo ritrovati in una città immensa, dove l’inglese è quasi sconosciuto e con poche indicazioni utili. Risultato? Abbiamo percorso una media di venti chilometri al giorno senza vivere le esperienze sperate» conclude Giorgetti. L’unica “consolazione” è stata poter contare su Uber. «Bastava prenotare luogo di partenza e di arrivo e ti assicuravi di arrivare a destinazione senza dover interloquire». Un’occasione persa sulla quale Giorgetti e Arnold si sono ritrovati a riflettere durante il volo di rientro: «Se accanto a Uber avessimo avuto una guida della città capace di interpretare i nostri interessi– dal bere una birra nel locale tradizionale al visitare una discoteca di tendenza – avremmo potuto godere appieno dell’esperienza del viaggio».
Local Freddie risponde a questo bisogno ed è figlia del suo tempo anche dal punto di vista dei finanziamenti che le hanno permesso di mettere le radici in una delle città più care del continente: «Occorrevano trecentomila euro per partire, ma le vie tradizionali imponevano che mettessimo sulla start up garanzie che, proprio in quanto start up, era impossibile fornire». Illustrando l’idea ad alcuni amici Giorgetti e Arnold hanno scoperto che in molti – condividendone l’utilità – sarebbero stati disposti a sostenerla. «C’è chi ha messo mille euro, e chi trentamila, finché abbiamo raggiunto la cifra necessaria. Oggi i soci sono in tutto 21 (Giorgetti e Arnold detengono la maggioranza del 60%, ndr). Una software house milanese ha poi fornito il software e un’agenzia di comunicazione ha curato il lancio».
Tutto in discesa? Neanche per sogno perché l’ipotesi di metter su casa a Milano è naufragata assieme alle norme nazionali che non prevedono assunzioni flessibili e variabili di guide locali non professionali (ma professionalizzate). L’aereo della start up 4.0 è dunque decollato con destinazione Londra, dove Vittoria s’è trasferita da febbraio, affiancata da due collaboratrici italiane.
«Per trovare guide con interessi diversi, voglia di mettersi in gioco e un’ottima conoscenza della città abbiamo optato per gli annunci nelle università, ma siamo stati invasi da candidature di persone tra i 21 e i 50 anni». Persone accomunate dalla disponibilità di tempo e da interessi forti, successivamente formate e certificate da Local Freddie che oggi – dopo una fase di betatest iniziata ad aprile – è entrata nella fase operativa. Raccogliendo feedback positivi da ogni fascia d’età, un centinaio di Freddie, richieste di “duplicazione” in altre città (da Roma al Sud America) e prenotazioni natalizie in abbondanza. «Abbiamo Freddie in grado di interagire con i turisti in sette lingue, dal cinese al russo» rivela Giorgetti, che scopre anche altre carte: «Pensiamo a un sos Freddie per fornire un supporto anche burocratico ai turisti e a un Football Freddie, per supportare i tifosi in trasferta del mercoledì».
La app è gratuita, il costo della guida è di 27 sterline per la prima ora e di 23 per le successive (il 75% dei ricavi va alle guide). Qualora dovesse sbarcare in Italia, però, le cifre s’attesterebbero attorno ai 18 euro. «I download oggi iniziano ad essere considerevoli, per questo pensiamo di compiere il passo avanti». In culla la start up era stata valutata un milione, oggi è salita a tre. E l’idea è cercare uno o più investitori disposti a mettercene la metà per far decollare il progetto. Tanto più che i mercati dimostrano d’aver compreso le potenzialità dei city tour 4.0, se è vero come è vero che richieste di informazioni arrivano persino da Iran e Iraq: «I viaggiatori di questi paesi non sono molti, è vero, ma sono ricchi e hanno esigenze culturali e di sicurezza particolari». A ciascuno di loro potrà essere affiancato il Freddie con le caratteristiche più compatibili.
Freddie è pronta. Gli investitori capiranno la forza dei tour customizzati dell’era 4.0?
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