I doveri civici valgono per tutti i cittadini di qualsiasi religione
L'avvocato Mario Speroni commenta l'iniziativa del cantone Basilea Campagna per reintrodurre nella Costituzione federale un articolo sul rapporto tra opinioni e doveri del cittadino
Dopo le stragi di Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino, il piccolo cantone svizzero di Basilea campagna (per la verità, un semicantone, con un solo deputato al Consiglio degli Stati (Senato), intende inserire nella propria costituzione un articolo, già presente in quella federale e soppresso nel 1999, perchè ritenuto ovvio: “Opinioni ideologiche e precetti religiosi non esonerano dall’adempimento dei doveri civici”. Ciò in conseguenza anche del rifiuto di due studenti mussulmani, figli di un imam, di stringere la mano alla loro insegnante, in quanto donna. Proprio in relazione a questo caso, viene modificata anche la legge cantonale sull’educazione, stabilendo che “gli allievi devono rispettare i valori sociali del luogo” e “partecipare a rituali di uso comune, come la stretta di mano, quando venga richiesta”. Si tratta di regole minime di educazione civile. Eppure ci sono già polemiche.
Vorrei fare un paragone con l’Egitto, dove è appena avvenuta l’ennesima strage, in una chiesa copta, cioè di quella comunità sopravvissuta all’invasione araba del VII secolo, che costituisce ancora circa il 10% della popolazione (circa 8 milioni, ma forse più, in quanto non esistono statistiche pubbliche e molti preferiscono non dichiararsi tali per non essere discriminati: l’appartenenza religiosa deve infatti essere indicata sulla carta d’identità). Qui – prima di una nuova legge, uscita nell’agosto di quest’anno – non solo l’apertura di una nuova chiesa, ma il semplice ampliamento, erano soggetti ad un’autorizzazione del presidente della repubblica e ciò in forza di una legge risalente al periodo in cui l’Egitto faceva parte – almeno formalmente – dell’Impero Ottomano e che riservava in origine tale facoltà al sultano. Ora, questo potere è stato trasferito ai governatori delle province ma rimangono sempre limitazioni che ne rendono difficoltosa l’applicazione.
Il fatto è che – come scrive, su una delle riviste più intelligenti della sinistra, “Micromega”, Hamid Zanaz, già professore di filosofia all’università di Algeri ed ora rifugiato in Francia, a seguito di minacce per la sua vita – “la fede islamica è un’ideologia totalitaria, radicalmente contraria alla libertà ed all’autonomia dell’individuo. Un Islam secolarizzato e ‘moderato’ è una contraddizione in termini”. Anche il più famoso poeta in lingua araba, il siriano Adonis, pure emigrato in Francia, afferma – sempre sulla stessa rivista – che “l’Islam ha sostanzialmente fagocitato la civiltà araba, rendendola quasi indistinguibile dalla religione stessa”.
Come è noto, è stato recentemente introdotto nella costituzione ticinese il divieto di dissimulazione del viso. Anche su questo punto sono sorte numerose polemiche e mi risulta che la norma sia applicata con una certa tolleranza, anche per non ostacolare il fiorente turismo di religione islamica. Ma pure qui conviene ricordare quanto osserva – sempre su “Micromega” – Mina Ahadi, un’iraniana, presidente della sezione tedesca del Consiglio centrale degli ex musulmani: il burqa ed il burkini non sono semplici “pezzi di stoffa”, ma dei simboli di oppressione, strumenti di una specifica battaglia politica. È– osserva la Ahadi – anche attraverso il loro sdoganamento, in nome di una malintesa libertà individuale, che l’islam politico cerca oggi di ottenere spirito e visibilità in Europa.
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