Lidia Macchi, Binda rinviato a giudizio
Dopo due anni di indagini, l'imputato è chiamato davanti al giudice. Il processo comincia il 12 aprile
Sarà un processo a porte aperte, con una giuria popolare. È stato rinviato a giudizio il presunto assassino della studentessa Lidia Macchi, Stefano Binda. Il dibattimento in corte d’assise a Varese, dopo 29 anni dal delitto, inizierà il 12 aprile (nel video, Paola Bettoni, madre di Lidia Macchi).
Le difese tuttavia hanno già una carta da giocare: “La calligrafia sulla lettera inviata ai genitori di Lidia Macchi non è di Stefano Binda”. Una nuova perizia di parte, firmata dalla grafologa Cinzia Altieri, mette in dubbio la “prova regina” che la procura generale di Milano porterà al processo contro Stefano Binda. E cioè che la lettera inviata ai genitori di Lidia, che secondo l’accusa raffigura la scena del delitto, sia stata scritta dall’imputato.
La decisione del gup Anna Azzena è arrivata dopo quasi 9 ore di udienza preliminare a carico di Stefano Binda, il cinquantenne di Brebbia accusato di aver ucciso con 29 coltellate Lidia Macchi il 5 gennaio del 1987. L’uomo si trova in carcere dal 15 gennaio 2016, e gli avvocati Sergio Martelli e Patrizia Esposito hanno avevano chiesto il proscioglimento e la scarcerazione. Sulla seconda richiesta il gup si è riservata la decisione.
In aula erano presenti la madre di Lidia Macchi (foto), Paola Bettoni e la sorella, Stefania Macchi. Il padre della vittima, Giorgio Macchi, è deceduto nel 2016. La famiglia di Lidia si è costituita parte civile. Stefano Binda era presente, seduto accanto ai suoi difensori e di fronte al giudice dell’udienza preliminare.
Nel primo pomeriggio il gup Anna Azzena aveva respinto tutte le eccezioni preliminari. “Sono distrutta – ha commentato al termine dell’udienza la madre di Lidia Macchi Paola Bettoni – ci speravo che potesse confessare. Io vorrei il colpevole, non colpevole qualsiasi”.
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