L’Isis, la guerra e la Siria nelle foto di Ibrahim Malla
Il racconto di un volontario e reporter che ha documentato il conflitto siriano e le primavere arabe. “Sto dalla parte di chi vuol mostrare come vive la mia gente”
Siria luogo di condivisione, cultura, meraviglia, «paese tra i più belli del Mediterraneo».
Siria tomba di 200 mila e passa uomini, donne, bambini (quasi 9 mila le vittime minori di 18 anni, fonte Onu).
Siria paese laico e dove ci si sposava fra cristiani e musulmani. Siria di al-Qaida, al-Nusra, Isis.
A Ibrahim Malla, fotografo quarantaseienne, siriano, che incontriamo di buona mattina nella sede della Croce Rossa Italiana di Gavirate, c’è solo una domanda che non gli si può porre: da che parte stai? Anzi, a dire il vero questo fotografo riconosciuto in tutto il mondo per la bellezza e la forza dei suoi scatti dice già di suo che «l’obiettivo dei miei scatti non è mostrare i bambini che muoiono sotto le bombe, o l’Isis, ma la condizione in cui vive la gente di Siria». Il motivo sta in uno dei principi della divisa che veste, quella di Croce Rossa che fa rima con neutralità.
La sua città è Damasco, ma in oltre 300 altre città al mondo ha fatto arrivare la forza della pace con una mostra sulla guerra civile che ha infiammato il paese mediorientale dal 2011.
«Vent’anni fa divenni volontario della Mezzaluna rossa in Siria, e misi a disposizione la mia passione per la fotografia – spiega Ibrahim in un perfetto inglese studiato all’università di damasco – . Imparai a scattare all’età di 10 anni, quando la mia numerosa famiglia di nove tra fratelli e sorelle voleva essere fotografata con ritratti di gruppo: che fatica!», racconta, scherzando.
Da allora non si fermò più: la voglia di raccontare per immagini lo portò a vincere prestigiosi premi che testimoniano l’importanza culturale della Siria, come il riconoscimento per aver raccontato Maaloula, città a 40 chilometri da Damasco dove si parla ancora oggi la lingua che stava nella bocca di Gesù, l’aramaico.
Poi cominciò ad accadere qualcosa. Cominciarono le “arabian springs”, primavere di rivolta e denuncia di mancanza di democrazia, che non portarono i risultati sperati: Libia, Marocco, Egitto, Yemen: Ibrahim era sempre lì. Poi toccò al suo paese. Un racconto che è stato oggi proposto agli studenti delle scuole superiori di Gavirate, incontrati in mattinata.
«Lasciai la Siria un anno dopo essermi sposato con mia moglie, che è italiana – spiega – . Poi ritornai per documentare ciò che stava avvenendo, sotto la bandiera della Croce Rossa, per tornare in Italia dopo essere diventato papà».
I suoi scatti parlano di come i siriani vivono ogni giorno a contatto con la guerra, anzi le tante guerre che devono combattere: quella contro bombe e pallottole, in patria. E quella contro l’indifferenza, gli odi, il freddo e le botte di quando si scappa e si arriva da profughi in Europa, rischiando di affondare in mezzo al mare o morire congelati al confine di uno stato.
Ha visto l’Isis? «Sì, ho visto l’Isis. Ho fatto foto nel territorio controllato dallo stato islamico. Non potevo fotografare in volto nessuno, però».
Ha avuto paura? «No, perché mi sono mosso sempre in situazioni protette: i colori della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa sono abbastanza sentiti. Il valore principale di questa organizzazione è e rimane la neutralità, che viene rispettata dall’Isis e dalle altre forze in campo. Il problema riguarda il fatto che molte persone sono scappate. Molte sono morte, uccise dalla guerra».
Già la guerra: come andrà a finire? C’è una tregua, forse dei negoziati. «È difficile dire come finirà, ci sono troppi players sul campo, troppe variabili. Difficile sapere se il cessate il fuoco finirà». Quando tornerà? «Tornerò con una missione della Croce Rossa. O quando le armi finiranno di sparare».
La mostra, a cura del comitato locale della Croce Rossa Italiana del Medio Verbano, si inaugura venerdì 13 gennaio nella sala consigliare di Villa de Ambrosis a Gavirate dalle 17.30 e rimarrà aperta fino al 15 Gennaio 2017.
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