Spreco alimentare «l’Ue prenda spunto dalla nostra legge»
Lo affermano i parlamentari Maria Chiara Gadda, proponente e relatrice della legge, e Massimo Fiorio vice presidente della Commissione Agricoltura

«L’Europa prenda la legge italiana come modello per la redazione di una normativa organica, che al momento purtroppo manca a livello comunitario. L’Italia è impegnata da anni sul fronte del recupero delle eccedenze alimentari per solidarietà sociale. La legge 166, approvata a larga maggioranza dal parlamento italiano ed entrata in vigore a settembre, raccoglie e mette a sistema progetti virtuosi da tempo sperimentati nel nostro Paese grazie all’impegno congiunto di associazioni di volontariato, imprese ed enti locali».
Lo affermano i deputati del Partito Democratico, Maria Chiara Gadda proponente e relatrice della legge, e Massimo Fiorio vice presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, commentando la relazione della Corte dei Conti Ue “Lotta allo spreco di alimenti: un’opportunità per l’Ue di migliorare l’efficienza della filiera alimentare”.
«La nostra è una legge all’avanguardia, che ha anticipato i temi affrontati in questa relazione: la definizione di termini come “spreco” ed “eccedenza”, le semplificazioni di tipo burocratico ed amministrativo, la differenza tra “data di scadenza” (consumarsi entro) e “termine minimo di conservazione” (preferibilmente entro), la gerarchia nella donazione per consumo umano e anche animale, il ruolo prioritario dell’educazione e della sensibilizzazione. A questo si aggiungano il manuale di corrette prassi operative redatto da Caritas e Banco Alimentare e validato dal Ministero della Salute, e le iniziative messe in campo da un numero sempre maggiore di Comuni, a partire dall’introduzione di un coefficiente di riduzione sulla tariffa rifiuti per le utenze non domestiche che donano le eccedenze. Insomma, l’Italia ha molto da dire in materia, perché abbiamo saputo dare un’anima sociale e solidale alla sfida nei confronti dello spreco alimentare, sarebbe auspicabile che l’Europa partisse da qui per quantificare un fenomeno così strategico e per fornire agli stati membri chiare linee di indirizzo».
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