Bruna Paoli: “Mio padre morì nelle foibe, da 50 anni Busto è la mia città”
Nei palazzoni del villaggio Giuliani e Dalmati di Borsano ci è arrivata nel '67 e ricorda i racconti di sua madre : "Mio padre fu gettato in una foiba quando avevo 4 anni"

Bruna Paoli aveva 4 anni quando suo padre, Giuseppe, venne estratto dalla foiba di Villa Surani con il cranio spaccato: «Mia madre non me lo fece vedere ma mi raccontò che lo tirarono fuori tre mesi dopo e lo riconobbe solo dagli indumenti intimi che indossava». Giuseppe venne legato dai miliziani di Tito col fil di ferro insieme al fratello, a Norma Cossetto (qui la sua storia su Wikipedia) e ad altri italiani rastrellati nei giorni precedenti a quel 5 ottobre del ’43 e gettati vivi nella cavità carsica.
Oggi Bruna non ha voluto mancare alla cerimonia che ogni anno si svolge in piazza e che le riporta alla mente quell’infanzia tormentata e segnata dalla cacciata dalla loro casa e dalla loro terra: «Eravamo agricoltori ma eravamo considerati benestanti e questo non era visto bene dal regime comunista che ostacolava gli italiani in tutti i modi, soprattutto escludendoli dalle cariche e dai luoghi di lavoro. Nel 1959 lasciammo l’Istria per andare in Italia».
Prima Trieste e poi Milano le tappe della sua strada che l’ha portata a Busto Arsizio: «A Milano ebbi una grande delusione e decisi di allontanarmi il più possibile – racconta – grazie allo status di profugo mi furono offerte due possibilità: Sesto San Giovanni o Busto e così mi ritrovo qui dove vivo da ormai 50 anni».
Bruna sorride e dice di aver trovato la sua dimensione ma negli occhi azzurri ha i solchi di chi ha vissuto una vita certamente intensa e dura ma a Borsano ha trovato parte della sua comunità: «Negli anni ’60 erano ancora molti gli esuli che vivevano in queste case – racconta – poi col passare degli anni i volti sono cambiati ma sto bene qui. Busto mi ha accolta».
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