Family bag, al ristorante si impara a non sprecare
Quella che in Europa è chiamata doggy bag arriva anche a Varese: per non sprecare ciò che si è mangiato e bevuto al ristorante
L’iniziativa era stata presentata anche al FestivalGlocal 2016, nella sezione GlocalCibo.
Ora diventa realtà e soprattutto una iniziativa “istituzionale”: la Family Bag, promossa da Comieco e Slow Food arriva a varese, sotto l’egida dell’Amministrazione Comunale.
Quella che in molti ancora chiamano ancora “doggy bag” (il “sacchetto per il cane”) comincerà ad espandersi anche nei locali di Varese, con il nome di “Family bag” e un design chic, pensato dall’architetto e designer internazionale (con studio milanese ma con casa sul lago Maggiore lombardo, ad Angera…) Michele De Lucchi.
«Lo presenteremo tra poco ufficialmente – anticipa Dino De Simone, assessore all’ambiente di Varese – ma ormai è un progetto a cui stavamo lavorando da tempo. Hanno già dato la loro adesione una decina di ristoranti varesini, di tutti i tipi, che per questo avranno la prima fornitura delle bag da Comieco gratuitamente. L’idea era inizialmente legata all’Expo, ma ha continuato anche dopo. E anche Varese intende inserirsi in quell’Alveo».
L’idea è già in uso in tutto il mondo, da molti anni: quello che non si finisce al ristorante, si porta a casa in un pacchettino: l’avanzo non viene buttato via, e può essere tranquillamente consumato a casa in un pasto successivo. Idem per le bottiglie di vino: quel che non viene consumato viene richiuso e portato a casa per essere bevuto in momenti successivi. In Italia però, questa abitudine stenta a decollare.
Il progetto, che su scala nazionale è già partito in altre città come Milano, Roma e Bergamo, è pensato – e realizzato, con un packaging in carta realizzato apposta per l’occasione – proprio dal consorzio di raccolta carta Comieco, insieme a Slow Food. La lista dei nomi dei primi ristoranti partecipanti sarà resa nota nell’incontro di presentazione.
Dino de Simone e Claudio Moroni con il packagin di Comieco«Quello del portare a casa propria quello che non si è mangiato al ristorante é un’abitudine consolidata nel resto d’Europa – spiega Claudio Moroni , responsabile della condotta Slow Food di Varese – In Italia invece è un importante passaggio culturale, ancora da imparare. In Italia prevale la vergogna a chiedere qualcosa di cui peraltro si ha diritto visto che è stata pagata. Tenere il vino e degustare quello che resta comodamente a casa, oppure mangiare con calma, in una altro pasto, quello che non si è finito è però innanzitutto una norma antispreco, ed ecologica. Una volta superata la barriera, si impara che non è bello sprecare, magari si impara anche a non sprecare anche a casa».
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