Il rappresentante degli NCC di Varese: “Io, Uber, la politica e il futuro”
Parla Giuseppe Mele, rappresentante degli NCC (noleggiatori auto Con Conducente) in Cna Varese. Lavora nell’hinterland tra Milano e Malpensa dal 1986

Giuseppe Mele è il rappresentante degli NCC (noleggiatori auto Con Conducente) in Cna Varese. Lavora nell’hinterland tra Milano e Malpensa dal 1986 e ha una attività ben strutturata, con 15 licenze e un business che si rivolge prevalentemente alle aziende. «Ho una clientela diversa da quella di cui si parla in questi giorni – chiarisce subito – E non ho mai lavorato, ne lavoro, con Uber: per me non avrebbe senso».
L’attività di Mele si unisce alle 6000 licenze NCC esistenti in Lombardia, un numero pressochè identico al numero di taxi circolanti nella regione. Sono perciò, i due tipi di trasporto pubblico, simili in termini di numeri.
Con una fondamentale differenza, però: «Dei 6.000 taxi lombardi, 3.500 sono a Milano – spiega Mele -. Delle 6.000 licenze NCC, a Milano sono poche centinaia». Il noleggio con conducente è infatti usato maggiormente nei comuni non capoluogo e non città, mentre in città a prevalere nettamente è il servizio taxi, che a milano in particolare “la fa da padrone”.
Ora, la sua attività è sotto il fuoco incrociato di lotte e polemiche fortissime. Ma di cosa si parla?
«È una questione complessa, che comprende delle modifiche normative del 2008 che non sono mai state attuate davvero. Nel frattempo però sono le norme in generale che vanno aggiornate: anche solo per il fatto che da 4 anni a questa parte sono entrate in ballo anche le app delle multinazionali, una complicazione ulteriore nel già tribolato mondo del taxi e delle auto a noleggio. Il fatto che l’efficacia di una norma sia sospesa, mostra innanzitutto che si chiede al mondo politico di risolvere la questione».
Voi cosa vorreste?
«Noi vorremmo innanzitutto che si tornasse alla normativa del 1992, che almeno permette di lavorare in maniera non antieconomica. In secondo luogo la cosa più necessaria ora sarebbe riaprire i tavoli ministeriali, per studiare delle norme in un un mercato nel frattempo profondamente cambiato, e dove le nuove piattaforme tecnologiche hanno incrementato e diversificato ulteriormente i servizi, moltiplicandoli in diversi sensi».
Avete idee o proposte, per questo cambiamento?
«Noi abbiamo una serie di proposte all’interno del nostro mondo, ma non riusciamo nemmeno a portarle al ministero: e ogni anno che passa la situazione si fa più difficile. Perchè in realtà è l’intera normativa che andrebbe rivista: ogni politico o commissione fino ad ora intervenuto ne ha sempre proposto di modificare solo un pezzo, quando bisognerebbe invece riformare tutto. Ma poichè non c’è piu un tavolo comune, non la si riesce ad affrontare in questo modo».
E nel frattempo il mercato è cambiato profondamente…
«Sicuramente le nuove tecnologie hanno cambiato il mercato: di fatto la normativa non era adeguata. La politica non era pronta ad affrontare questo fenomeno. Se è per quello non è pronta nemmeno all’intelligenza artificiale, di cui si parla molto ultimamente e sta diventando concreta, tra l’altro anche per noi».
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