La rivoluzione “morbida” di Sanremo
Un’edizione considerata noiosissima ma che ha fatto ascolti stellari, ha riportato i giovani a guardare il festival di Sanremo, ha rottamato i luoghi comuni ed è è stato capace di fare la rivoluzione
Chi l’avrebbe mai detto: anche su Sanremo è soffiato il vento di rottamazione che sta soffiando il tutto il mondo.
Ma, per questa volta, non ha fatto danni e non ha creato paure o divisioni: ha piuttosto infuso speranza nella storia della musica italiana.
Spazzati via i retaggi antichi del Festival (dal monumento vocale Albano al monumento autoriale Ron) e anche i luoghi comuni (la canzone partenopea di D’Alessio, vissuta da molti come un pedaggio necessario per “il popolo”) , messi all’angolo i talent, che non hanno avuto la ribalta del podio (il primo in classifica proveniente da un talent, più precisamente XFactor da lui vinto nel 2103, è Michele Bravi, al quarto posto, e i due vincitori dell’edizione di quest’anno di Amici, Sergio Sylvestre ed Elodie si sono ritrovati rispettivamente al sesto e all’ottavo posto).
A Sanremo hanno vinto tre canzoni amatissime e già super scaricate e che tutti, anche chi non le ama, ritengono “belle”: una sensazione che chi scrive non provava da anni, se non da decenni.
Di più: a vincere è stata quella scanzonata ma scritta bene, tormentone ma intelligente. Insomma, è come se avessero vinto le canzoni di Elio e le Storie Tese, dei Figli di Bubba o comunque quei brani che a Sanremo non sono mancati mai, sono stati sempre molto ascoltati e venduti, hanno portato fortuna a chi li ha scritti e a chi li ha ascoltati ma che si dava per scontato non avrebbero vinto perchè “poco sanremesi”.
Un messaggio di speranza: l’ipertradizionalista festival, presentato – e diretto artisticamente, non dimentichiamolo – da un conduttore considerato “per nonne” (Carlo Conti) e dalla regina dei talent televisivi (Maria de Filippi) in un’edizione considerata noiosissima ma che ha fatto ascolti stellari è arrivato a operare una trasformazione del pubblico che altri non sono riusciti a fare: riportare i giovani a guardare il festival di Sanremo. Ed è è stato capace di fare la rivoluzione: modernizzare l’Italia canterina, mettendo sostanzialmente tutti d’accordo. Così ora tutti ballano con la scimmia, e si interrogano su di un libro dal nome strano (“La Scimmia Nuda”) che magari, chi lo sa, per qualche giorno sarà più scaricato e acquistato dei libretti dei Mandala o del libro di ricette di Cracco.
Chissà, prima o poi succederà persino nel nostro Paese una trasformazione così: che traghetti la società a risultati più nuovi, piu giovani, piu positivi più intelligenti e meno incazzati, in una rivoluzione che sostanzialmente tutti siano in grado di approvare e accettare, una rivoluzione morbida che ci porti fischiettando al futuro.
Se c’è riuscito Sanremo, ce la possiamo fare anche noi.
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