Da Varese un secco no alla scissione del Pd
I parlamentari del Partito Democratico della nostra provincia prendono posizione sulla crisi che sta vivendo il Partito democratico. Con sfumature diverse sono tutti contrari al rischio della divisione
La situazione all’interno del Pd è grave. Si è a un passo dalla scissione, ma tutti i parlamentari varesini sono contrari. In queste ore convulse ogni parola viene soppesata in attesa dell’assemblea nazionale che si terrà domenica 19 febbraio.
È difficile comprendere a fondo quello che sta succedendo e lo dichiarano anche i big del partito.
In una lettera all’Huffington post Pier Luigi Bersani apre proprio su questo punto: “Si capisce poco di quel che succede nel Pd. Questione di calendari e di date? Questioni di lana caprina, bizantinismi? Non scherziamo, e cerchiamo di capire meglio”.
Lo stesso fa Matteo Renzi sul suo blog: “Mi capita più volte in queste ore di fermarmi. E domandarmi: ma cosa può apprezzare un cittadino del dibattito di queste ore nel PD? E mi rispondo: nulla, o quasi. Stamattina ne parlavo in stazione con un nostro simpatizzante che mi confermava: A segretà, non ce stamo a capì nulla”.
“VENITE” – “FERMATEVI”
Anche dai verbi si può leggere la difficoltà di ritrovare un terreno comune.
“Il verbo del congresso e delle primarie – dice Renzi – non è “Andatevene!” ma “Venite!”, portate idee, portate sogni, portate critiche. Venite, partecipate. È inspiegabile far parte di un partito che si chiama democratico e aver paura della democrazia”.
Bersani chiede all’attuale maggioranza del partito di fermarsi. “Stravolgeremo dunque tutto il percorso per le esigenze o le velleità di una persona sola? No. Prima il paese, poi il partito, poi le esigenze di ciascuno. Questo criterio, per me e per tanti, e spero per tutti noi, è la base stessa della politica. Se noi non teniamo ferma questa sequenza, non siamo più il Pd. Mi sono dunque rivolto e mi rivolgo a tutti quelli che hanno buon senso. Al segretario e a tutti coloro che lo hanno sostenuto dico: non date seguito alle infauste conclusioni dell’ultima direzione. Fermatevi”.
I PARLAMENTARI DELLA PROVINCIA DI VARESE
I cinque parlamentari del nostro territorio sono tutti contrari alla scissione.
Daniele Marantelli: “Questi sono giorni molto delicati, non tanto per il partito, quanto per la storia di Italia. Come la storia ci insegna, una scissione non porterebbe da nessuna parte. Avremmo la responsabilità di consegnare il paese non tanto alla non governabilità, ma a forze populiste e alla destra. Le ore che stiamo vivendo richiedono un forte senso responsabilità. Per quanto sia giusto discutere ed esser anche critici, occorre lavorare tutti quanti per scongiurare la scissione. Nel caso qualcuno volesse in ogni caso andare in quella direzione è compito di ognuno cercare di ridurne la portata”.
Maria Chiara Gadda: “La parola scissione non voglio neanche sentirla nominare perché non è di questo che si tratta. È una parola sbagliata. Ci si scinde quando due storie politiche configgono. Il partito democratico nasce invece proprio dall’unione di tante forze con posizioni diverse e persone come me che hanno iniziato a fare politica direttamente nel Pd. Quindi mi auguro come tutti che il nostro progetto prosegua. Stiamo cercando di far si che nessuno esca perché sarebbe una sconfitta pesante e soprattutto se ne avvantaggerebbero quelli che oggi sono all’opposizione. Il tema non sono le date. Si continua a parlare di questo: della data dell’assemblea, di quella del congresso, delle scadenze elettorali. In realtà il problema sono i contenuti e riflettere su quello che dobbiamo fare. In questi anni abbiamo fatto molto con qualche fatica nel comunicarlo ai cittadini, ma dobbiamo comunque rendere merito al partito democratico che sei impegnato su temi importanti per il Paese. La scelta di Renzi di ripartire dal Lingotto è fortemente simbolica perché significa tornare alle nostre origini, nel luogo dove il Pd ha preso vita”.
Erica D’Adda: “Facciamo un passetto alla volta, ma teniamo aperto il confronto. Il rischio della scissione è reale e spero che prevalga il buon senso e la voglia di un accordo per lavorare sul programma. Dobbiamo portare a compimento alcune azioni che abbiamo intrapreso con il governo anche perché altrimenti il rischio per il Paese è davvero molto molto alto. In questo momento non è importante cosa deciderò io, ma non posso minimamente immaginare una scissione da parte del partito a cui ho creduto e in cui continuo a credere fermamente”.
Angelo Senaldi: “La scissione sarebbe la scelta peggiore e sicuramente non risolverebbe nulla. Adesso andare a cercare di chi sono le responsabilità servirebbe a poco. È certo che dalla nostra opposizione interna ogni volta si alza la asticella delle richieste. Adesso abbiamo finalmente il congresso ma non si capisce cos’altro sia necessario per fermare questa situazione che davvero ci porterebbe in un baratro. Il problema principale per andare al voto resta quello di sistemare una legge elettorale, perché andare a votare con questa attuale porterebbe alla balcanizzazione del parlamento. Le regole devono essere chiare e valide per tutti e ora non ci sono le condizioni per garantire una governabilità”
Paolo Rossi: “Un’eventuale scissione rappresenterebbe la fine di un progetto politico costruito da anni e con fatica. Un’ipotesi che non vorrei nemmeno prendere in considerazione, ma con la quale temo faremo i conti. Questa condizione si sta materializzando per due rigidità: da una parte un’incondivisibile personalizzazione di Renzi che ci ha portati tra l’altro ad una pesante sconfitta al referedum, dall’ altra una minoranza interna che nei fatti non ha mai accettato il nuovo corso renziano. In una fase del genere è comunque assurdo pensare ad un ricorso alle urne. Intanto è necessario ed indispensabile approvare una seria legge elettorale. Per farlo serve il tempo che serve. E’ tempo di riflettere, di non pensare solo ed ancora una volta agli interessi del proprio orticello. I leader veri si misurano soprattutto in delicate situazioni del genere”.
INTERVISTE E OPINIONI
I leader del Pd parlano anche attraverso i giornali. Matteo Renzi oggi risponde sul Corriere ad Aldo Cazzullo. «Voglio evitare qualsiasi divisione. Ma se dopo che ho detto sì al congresso insistono ho il dubbio che si voglia comunque rompere».
Il ministro Franceschini interviene su Repubblica rispondendo ad Alfredo De Marchis. “Spaccarsi sarebbe un dolore enorme per il nostro popolo”.
Sempre sullo stesso quotidiano con un editoriale è il direttore Mario Calabresi a prendere posizione. “NON ESISTE un solo motivo razionale per spaccare il Pd. Sarebbe una scelta irresponsabile che la stragrande maggioranza degli elettori del più grande partito della famiglia socialista rimasto in Europa non comprende e non comprenderebbe”.
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spero che alle prossime lezioni regolamentari e non abusive queste mummie vengano spazzate via dal panorama nazionale,ci hanno ridotti ad uno stato da terzo mondo,disoccupazione al 40%,invasi dai clandestini,hanno distrutto il tessuto sociale e quello economico,ora si autodistruggono….ma come abbiamo fatto a ridurci in questo stato? e lei direttore che articoli scrive?lasci perdere il suo credo politico e scriva la verità,questi gaglioffi non sono altro che dei massoni,incapaci e disonesti.
Una cosa sicura l’ho capita: per puro bisogno di supremazia contro Renzi, gli hanno fatto la guerra sul referendum, si e’ dimesso da premier, si dimettera’ da segretario e si andra’ alla votazione. Cosa vogliono di piu’? I vari D’Alema, Bersani, Speranza pensano solo al proprio prestigio, che cavolo gliene frega del paese? Se vogliono andarsene meglio, apriamogli la porta, con gente come questa, cosa c’e’ di buono?