Argenziano, un punto a favore della difesa
La perizia sul decesso non ha fornito la prova del soffocamento
Il confronto tra il perito della difesa di Alessandro Argenziano e il perito del pm ha segnato un punto a favore della difesa durante il processo in corte d’assise (presidente Orazio Muscato) contro il 40enne varesino accusato di aver soffocato e ucciso la moglie Stefania Amalfi.
Durante l’udienza il medico legale Marco Motta, incaricato dalla procura, ha affermato che non è determinabile la componente meccanica che ha originato la morte della donna. Vuol dire che, in sostanza, potrebbe essere stato uno o più farmaci assunti dalla ragazza a farla soffocare, in particolare Rivotril e Dalmadol: ma non si può dire, sia a detta del perito di parte che di quello dell’accusa, che la morte sia stata determinata anche da una mano posata sulla faccia o da un cuscino che le avrebbe tolto il fiato.
Alessandro Argenziano, dal canto suo, ha preso la parola durante l’udienza: ha affermato di essere innocente e ha rivelato che, a suo dire, stava per chiedere il divorzio dalla moglie a causa dei dissapori con la famiglia della ragazza.
Proprio i contrasti tra l’imputato e la famiglia Amalfi sono stati una cornice che ha attraversato, finora, tutto il processo. La difesa (avvocato Amirante) sostiene che l’astio verso Argenziano è ingiustificato e che in realtà Stefania Amalfi era un soggetto borderline proprio a causa della famiglia. E infine che era fuggita da Vercelli per rifugiarsi a casa del marito. La parte civile (avvocati Artoni e Sisti) invece ribatte che Argenziano aveva messo Stefania contro la famiglia l’aveva isolata perché, di fondo, voleva disporre liberamente dei soldi della moglie. Da qui il movente del delitto. Da mercoledì prossimo iniziano le requisitorie.
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