Fusione? «Meglio il campanilismo: non è una parolaccia»
Ad aprile l’assemblea pubblica per trattare la questione del nuovo Comune, ma in paese c’è chi si prepara per dare battaglia: “A rischio i servizi e le nostre radici culturali”
Fusione sì, fusione no. Ogni volta che si mette mano ai confini, espressioni di storia dei luoghi, ecco che il presente si mescola col passato, e le radici culturali con la scommessa sul futuro. Per questo è importante ascoltare chi vuole dire la sua rispetto ad un procedimento imminente di fusione che riguarda la Valcuvia. Dopo quella di Maccagno con Pino e Veddasca, la fusione che darà probabilmente vita ad un nuovo paese sarà il secondo accorpamento amministrativo “forte” del Varesotto.
ORGOGLIO IN BIANCO E NERO – Alle 10 del mattino dalla scatola dei ricordi saltano fuori foto in bianco e nero che sono storia di famiglia: «Questo è papà con l’onorevole, e il parroco. Ce l’aveva appena fatta. Oggi invece vogliono toglierci quella conquista, e io non ci sto».
Marilena Pancera è seduta nel salotto di casa sua, nel centro storico di Cuvio da cui si vede il palazzo del Comune: tra una sigaretta e un caffè racconta di suo padre, Nino Pancera, sindaco di Cuvio appena dopo l’autonomia ottenuta dal suo comune. Le foto sono del 1956 (e Nino Pancera è l’ultimo a destra).
«Ero una bambina, ma ricordo bene il clima che si respirava. E non mi riferisco solo al paese. Io parlo di quello che avveniva a casa nostra. Ricordo le interminabili discussioni, e mio padre preso completamente dal suo obiettivo: far tornare Cuvio un paese a se stante. E ci riuscì. Ora con l’idea della fusione, stiamo tornando indietro: non mi va». Cuvio si unì infatti a Cuveglio nel 1928.
L’ASSEMBLEA – Il prossimo 21 aprile a Cuveglio ci sarà un’assemblea piuttosto attesa: aperta ai cittadini dei tre paesi dove è in atto un processo di fusione – sono Cuveglio, Duno e, appunto, Cuvio – sarà l’ultima riunione pubblica prima di attivare il procedimento che porterà al referendum consultivo: la prassi amministrativa dovuta per legge per l’indizione della consultazione partirà dopo l’estate. Poi prima della fine dell’anno probabilmente i cittadini saranno chiamati alle urne. Il referendum non sarà vincolante, ma obbligatorio. Poi verrà attivato l’iter per giungere ad un solo comune, nel 2018.
Ma c’è chi dice no: «Non se ne parla – spiega Marilena Pancera, consigliera comunale dal 2004 (foto sopra)– . Mi dicono che si risparmierà, che ci saranno più soldi, ma io sono come San Tommaso: non ci credo fino a che non vedo. Molte persone che incontro in paese non sono d’accordo, solo che non hanno il coraggio di dirlo apertamente. Quando ungano fa ci fu la riunione fra amministratori, dove i consiglieri comunali dei tre paesi vennero chiamati per parlare di questo argomento, io lo dissi chiaro e tondo: per me una fusione del genere non ha senso. Io ne faccio una questione culturale, di radici, di campanile. Tra l’altro, in molti mi hanno accusata di essere una campanilista, e io me ne vanto: non è mica una parolaccia, anzi!».
VADE RETRO, FUSIONE – Quindi lotta dura alla fusione: ma col referendum come la mettiamo? «Vediamo che succede nei prossimi mesi. Certo che se si andrà a referendum, cercherò di coinvolgere quante più persone possibile per spiegar loro che da questa operazione ci perdiamo. Ci toglieranno la Posta e i servizi comunali, che oggi grazie alle persone che lavorano in municipio consentono di prestare il giusto tempo ai tanti anziani che qui vivono. Certo, promettono che alcuni uffici resteranno, ma di sicuro gli impiegati non avranno più il tempo di prima».
Quindi che farà? «Ci stiamo pensando, ma l’idea di fare dei banchetti informativi per convincere i cittadini a votare “no” al referendum potrebbe essere la strada giusta».
I RISPARMI – Al netto delle considerazioni di natura culturale, i vantaggi della fusione in termini economici sarebbero importanti per il nuovo “super comune” di 5 mila e passa abitanti: congelamento del patto di stabilità per 5 anni, più una premialità statale pari al 40% dei trasferimenti dello Stato del 2010 per i futuri 10 anni. A conti fatti il vantaggio economico della fusione sarebbe di oltre un milione di euro per il primo anno da spendere. Una bella cifra, pensando al disco rotto di molti amministratori locali, dotati di avanzi anche importanti “in pancia” senza però poterli spendere.
CUVIO CAPITALE – E questo è un altro punto importante cavalcato da “quelli del no” tra cui spicca il barbiere di Cuvio Giorgio Roncari (nella foto), che alle 10.30 in bottega, nemmeno a farlo apposta, sta parlando con una piccola rappresentanza del futuro comune cioè tre persone di tre paesi diversi. Anche lui, dal suo negozio, si affaccia su di un immobile comunale, la scuola elementare. «Vede? Quello è un fabbricato di proprietà comunale. Ed è di Cuvio. Chi mi garantisce che quell’immobile, in caso di fusione, non potrà venir alienato? Il punto è questo: chi deciderà come spendere i soldi? Cuvio da questa operazione sarà in una posizione marginale che verrà sfruttata dalla comunità più numerosa, quella di Cuveglio».
Roncari ha scritto un libro su Cuvio, dove vengono ricordati i fasti di un tempo, di quando il paese era la vera capitale della Valcuvia: «C’era il notaio, il prevosto, il mercato, la pretura, la scuola superiore, la canonica – spiega Roncari – eravamo noi la capitale. Ora non è più così, ma almeno vogliamo tenerci la nostra storia. E, sopratutto, il nostro nome».
Anche lei campanilista? «Ma certo: il campanilismo è quello che fa andare avanti il mondo. Il legame coi luoghi porta anche ad aiutare gli altri e a prendersi cura di quanto abbiamo di importante. Si è visto a che bel risultato ha portato la globalizzazione»
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Ignoranza campanilistica allo stato puro. Ben venga l’amore per il proprio paese, sono io il primo, ma proprio in nome di questo amore non si può non rendersi conto di quanti vantaggi possa avere fondere paesini e frazioni. Meno sindaci e meno impiegati comunali da retribuire, una macchina amministrativa più snella, meno costi per la comunità tutta (che senso ha avere 2 uffici postali in 3 km che tanto non funzionano le poste?), una polizia postale più grande che può coprire di più il territorio.
“il campanilismo è quello che fa andare avanti il mondo”
sì, concordo, lo fa andare avanti a guerre.