La lista nera dei nuovi vizi, secondo Umberto Galimberti
La filosofia a dialogo con i cittadini per un nuovo approccio etico, alla ricerca di nuove virtù collettive
In un periodo storico dal contesto culturale quanto mai vario, in cui è facile cadere vittima di vizi e false virtù, Filosofarti si fa carico della responsabilità di tenere vivo il dialogo filosofico invitando Umberto Galimberti.
La lezione magistrale al Teatro delle Arti di Gallarate, avente per l’appunto come tema “Dizionario dei nuovi vizi”, ha richiamato un gran numero di interessati all’argomento a tal punto da riempire completamente il teatro. Un fatto comprensibile dal momento che l’argomento ci coinvolge direttamente toccando la sfera intima di ciascuno di noi, dall’uomo moderno a quello antico (nonostante sia mutato di significato in base al contesto culturale); infatti già Aristotele aveva affrontato il tema del vizio intendendolo come “il vestito del male”, poiché non è la singola azione ad essere la pecca, ma lo è l’atto riprovevole compiuto ripetutamente fino ad averlo assimilato e reso “aderente” (proprio come un vestito) al proprio comportamento.
La discussione in merito agli atti viziosi prosegue e si evolve prendendo una piega di carattere economico con la Rivoluzione Francese e l’affermazione della classe borghese, infatti quest’ultima basava la propria ricchezza sul commercio e di conseguenza anche i suoi “peccati” ne assumono caratteristiche simili dividendosi in vizi caldi (cioè economicamente dispendiosi) e quelli freddi (cioè poco dispendiosi). Successivamente a questo periodo e con l’avvento della psicologia, il vizio assume una nuova connotazione: se portato all’eccesso, può divenire una malattia.
Si arriva così all’epoca moderna con i suoi pregi e le sue degenerazioni che, al contrario dei cosiddetti “vizi capitali” (dai quali ci si può redimere poiché riguardano l’individuo), sono principalmente collettive e quindi difficili da evitare dal momento che comporterebbe una sorta di esclusione dalla società. In questo modo, molti pregi vengono distorti in cattive qualità. Così una persona che ha il pregio di essere molto sobria: è facile che essa appaia agli occhi degli altri osservatori come un avaro. Insomma, il pericolo di confondere quelli che sono oggettivamente dei vizi per dei valori moderni è alto, ma Galimberti delinea alcuni gravi difetti della nostra società (riscontrando l’approvazione degli ascoltatori): così consumismo, conformismo, “sessomania” e negazione entrano nel “dizionario dei nuovi vizi”.
Inoltre la tematica delle “nuove virtù e dei nuovi vizi” sembra particolarmente sentita dalla popolazione mondiale, eppure sembra che non si riesca ad invertire la direzione che la nostra società ha preso e che potrebbe essere la fonte di numerosi mali contemporanei. Viene naturale domandarsi come sia possibile questo paradosso. Anche in questo caso, la risposta e la soluzione è ben visibile davanti a noi, solo che non possiamo (o non vogliamo) vederla perché in alcuni casi viene più comodo “fare finta di niente” o optare per l’immobilità. Per debellare dei vizi collettivi, servono azioni concrete e non sparuti esempi virtuosi. Servono virtù collettive.
Questo articolo rientra nel progetto del Social Team di [OC] Officina Contemporanea, la rete per la cultura a Gallarate.
Emmanuele Occhipinti
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