I matematici non hanno la testa tra le nuvole
"Con la testa tra le nuvole?" (Il Mulino) di Angelo Guerraggio, docente di matematica all'Università dell'Insubria, scardina molti luoghi comuni sui matematici e il loro lavoro
“Con la testa tra le nuvole?” (Il Mulino) di Angelo Guerraggio, professore di matematica all’Università dell’insubria, sfata molti luoghi comuni sulla figura e sul mestiere di matematico. Un compito tutt’altro che semplice, perché il cliché dello studioso perso in un mare di pensieri incomprensibili ai più, dissociato dal mondo, distratto e preferibilmente soggetto a sindromi maniaco-depressive può contare su una solida filmografia e una affermata letteratura. (nella foto il matematico John Nash)
Guerraggio scardina i luoghi comuni sui matematici partendo da ciò che li rende enigmatici e poco comprensibili agli occhi dei profani: i contenuti, pressoché sconosciuti, e le modalità con cui svolgono il loro lavoro. L’autore si fa largo in questa nebbia con una semplice domanda: ma che cosa fanno i matematici? Domanda tutt’altro che retorica perché i luoghi comuni sui matematici condizionano in modo negativo la percezione che le persone hanno del loro lavoro.
Il punto di partenza per rispondere a questa domanda Guerraggio lo individua nei modelli matematici. Per spiegare in che cosa consistono utilizza la metafora del quadrato al cui vertice in basso a sinistra c’è un problema P che può essere di economia, astronomia, chimica oppure un teorema matematico da risolvere. I problemi che escono dal quadrato non hanno bisogno della matematica per essere risolti, i più difficili e ostinati rimangono dentro il suo perimetro. Si passa così dal vertice P a P’, in basso a destra nel quadrato. Qui il problema viene idealizzato e semplificato con un numero di variabili minori, passaggio molto creativo perché il matematico può scegliere il linguaggio secondo lui più adatto per inquadrare il problema.
Il lato verticale destro del quadrato rappresenta la costruzione del modello vero e proprio, cioè si traduce il problema in formule matematiche. «È una delle fasi più impegnative della modellizzazione di un problema – scrive Guerraggio -. Non esistemo regole prefissate per compiere questa operazione. È chiaro che nessun problema è in assoluto del tutto originale e ci sono sempre dei precedenti a cui riferirsi, ma forniscono spesso un aiuto solo parziale».
Quando si arriva in alto a destra, cioè sopra il vertice P’, il problema è di fatto matematico, scritto con il “dialetto” scelto dallo studioso, e in quanto tale va risolto, magari con una formula o una teoria nuove, oppure aggiungendo pezzi originali a teorie preesistenti. «Questa è anche la risposta – scrive l’autore – a chi si chiede che cosa mai abbiano ancora da ricercare i matematici, visto che le operazioni algebriche e il teorema di Pitagora sono stati già inventati».
È su questo punto che c’è una percezione profondamente sbagliata dei non-matematici, perché se c’è una cosa che è dinamica e obbligata a stare al passo con la realtà è proprio il linguaggio matematico «che si aggiorna di continuo per rispondere ai nuovi e più complessi problemi che le vengono sottoposti o per scrivere meglio risposte già date in precedenza».
La metafora del quadrato è efficace perché alla fine del ragionamento i conti devono tornare e la verifica finale, quando dal lato superiore del quadrato si ritorna verso quello inferiore da dove si è partiti, non è solo una questione formale. Il lavoro di ricerca deve aver risolto il problema dato oppure aver contribuito ad alzare il livello della nostra conoscenza e tornare utile per le future soluzioni.
Il pregio di “Con la testa tra le nuvole?” è la sua capacità di parlare a tutti, non solo agli esperti. Un contributo importante per scardinare il luogo comune più pericoloso, ossia che il linguaggio matematico sia una cosa per iniziati un po’ eccentrici e pazzoidi. Quanto basta per allontanare gli studenti da una delle poche facoltà universitarie in grado di garantire un futuro quasi certo, perché il lavoro del matematico è risolvere problemi.
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