«Con lo Sprar gestione trasparente e maggiori garanzie rispetto ai Cas»
Il consigliere di opposizione Stefano Catone (Una buona idea) fa chiarezza rispetto alla proposta di adesione allo Sprar
«Accoglienza diffusa, in piccoli centri e parametrata alla popolazione locale, trasparenza nella gestione dei fondi, percorsi di inclusione sociale per richiedenti asilo e rifugiati». Sono questi – elenca Stefano Catone, consigliere di Una buona idea – i motivi per i quali aderire al Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), piuttosto che vedersi calati dall’alto un centro straordinario. «Data la bocciatura da parte del sindaco Melis dello Sprar avvenuta in Consiglio comunale e ribadita sulla stampa – continua Catone – crediamo sia nostro compito smentire le affermazioni errate che l’amministrazione ha adottato per motivare la sua decisione».
Lo Sprar, infatti, è un sistema che permette di governare il fenomeno con intelligenza e rigore ma che, dato che l’adesione avviene su base volontaria dei comuni, copre solo una parte minoritaria dei posti (15%), lasciando il resto alla gestione straordinaria e emergenziale, spesso oggetto di scandali, infiltrazioni, oltre che caratterizzatasi per l’apertura di centri di grandi dimensioni che ricadono su piccole comunità. Il tutto senza che il sindaco possa fare assolutamente nulla, né per opporsi né per intervenire successivamente, dato che la gestione è totalmente in mano ai prefetti.
«Se i posti Sprar sono pochi è proprio perché i sindaci decidono di non aderire, lasciando che le decisioni vengano prese dall’alto», ribadisce Catone: «lo Sprar non scarica costi sul comune (se non una piccola quota, pari al 5%, che può essere finanziata in vari modi senza gravare sulle casse pubbliche), dato che i finanziamenti arrivano dal governo e dall’Unione europea e i Comuni non vengono lasciati soli, ma affiancati dal servizio centrale dello Sprar».
Ecco perché, prosegue, «scegliendo di non aderire stiamo lasciando spazio a chi potrebbe non avere interesse a fornire accoglienza, ma a fare business, sulla pelle di migranti, comunità locali e con soldi pubblici: lo Sprar garantisce invece una rendicontazione puntuale, un’accoglienza parametrata alla popolazione locale (massimo 2,5 migranti per 1000 residenti) e in strutture di piccole dimensioni, tipicamente appartamenti (che non deve mettere a disposizione il comune, ma che potrà ad esempio affittare l’ente gestore rivolgendosi al mercato).
Siamo d’accordo col sindaco Melis quando dice che le persone non dovrebbero essere costrette a migrare, ma allo stesso tempo è dovere delle istituzioni fare in modo che i denari pubblici vengano spesi con rigore, senza lasciare spazio a chi dell’accoglienza vuol fare un business perché – come abbiamo sentito dire – “con i migranti si guadagna più che con la droga”: non è un caso che molte amministrazioni locali, in Italia così come nei nostri territori (si vedano al riguardo le dichiarazioni del sindaco Landoni, di Gorla Minore), stiano valutando di passare dai centri di accoglienza straordinari di natura prefettizia ai centri Sprar».
Catone conclude con una proposta, con lo scopo di chiarire le posizioni in campo e «affrontare la questione con la serietà che richiede: abbandoniamo lo scontro politico e organizziamo una serata di discussione, invitando tecnici e persone competenti che illustrino come sia possibile fare accoglienza in una maniera corretta, senza impattare sui territori, ma sulla base di progetti rigorosi, parametrati alla popolazione locale e trasparenti finanziariamente: con Una buona idea siamo a completa disposizione».
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