#fermiamolabalena: contro i pericoli che arrivano da internet
Campagna di sensibilizzazione lanciata da Casa Pediatrica ASST Fatebenefratelli-Sacco, Osservatorio Nazionale Adolescenza e Pepita OnlusA contro la minaccia chiamata "Bluewhale"

#fermiamolabalena: con questo slogan la Casa Pediatrica ASST Fatebenefratelli-Sacco, l’Osservatorio Nazionale Adolescenza e Pepita OnlusA vogliono combattere la nuova minaccia, dai contorni ancora poco definiti, chiamata “Bluewhale”.
Si tratta di un pericolo che arriva dalla rete e si insinua nella mente dei giovani ragazzi minando il loro equilibrio rendendoli ancora più vulnerabili. Sono sfide, gruppi chiusi, sette che istigano al suicidio e plagiano le loro menti in evoluzione.
Si trovano nel cosiddetto “deep web”, il mondo sotterraneo, la parte nascosta e anonima di Internet, frequentata da hacker, spacciatori e navigatori in cerca di
prodotti clandestini. E se da un lato generano paura e angoscia, dall’altro spingono i ragazzi, adolescenti nella fase più trasgressiva della loro esistenza, a un’ossessiva e curiosa ricerca.
#fermiamolabalena diventa un’estensione di #adessoparloio e la chat di WhatsApp 3482574166, creata per rispondere al bisogno dei ragazzi vittime di bullismo, cresce per offrire un aiuto concreto e qualificato a giovani e famiglie. L’obiettivo è rimettere ordine: riportare al centro il valore educativo del dialogo e accogliere le paure dei ragazzi, ma anche rassicurare gli adulti affinché riacquistino il loro ruolo guida senza demonizzare la Rete.
Sul pericolo concreto di questa minaccia ancora si discute: si parla di un fenomeno diffuso all’estero che si sta diffondendo.
«Il Centro nazionale di prevenzione e contrasto del cyberbullismo e dei fenomeni illegali della Rete che ha sede presso la nostra Casa Pediatrica – afferma Luca Bernardo, Direttore di Casa Pediatrica – sta monitorando da tempo questo sistema virale e perverso, già dalle sue prime manifestazioni nel deep web. Si tratta di un sistema che circuisce e spinge il minore, tra i 9 e i 17 anni in un vortice di nichilismo, mosso dal coraggio di accettare un certo numero di sfide. All’inizio apparentemente lecite: dal fermare uno sconosciuto per strada a dichiarare il proprio amore, per poi virare su verso l’autolesionismo, fino a quel salto nel vuoto dal punto più alto della città. Non si tratta di gioco, bensì di morte, una morte pianificata istante dopo istante».
Secondo Maura Manca, Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza, «per capire quando un figlio rimane incastrato nella rete delle sfide estreme, delle challenge, dei giochi pericolosi o autolesionistici o frequenta gruppi chiusi sul suicidio o simili, bisogna conoscerlo nelle sue abitudini e nella quotidianità perché la maggior parte delle volte i segnali che lanciano non sono particolarmente evidenti».
«Non si deve fare l’errore di attribuire tutto alla fase adolescenziale – commenta la Manca – ma osservare la frequenza e la tipologia dei loro comportamenti, atteggiamenti e umore. Le variazioni possono essere legate alle abitudini alimentari, del sonno, del modo di vestirsi, al fare cose che prima non facevano e soprattutto alla tipologia di contenuti di ciò che pubblicano sui social. Trascorreranno molto più tempo attaccati agli schermi, saranno più schivi e più attenti alle notifiche. Attenzione anche ai discorsi che fanno e alle variazioni dell’umore o del rendimento scolastico».
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