L’indagine sui Polita è stata annullata
Gli atti tornano al pm, erano caotici e incompleti. L'avvocato Chiesa: "Riabilitata la famiglia"
Il processo ai Polita e altri imputati per il fallimento Ansafin e il crack La Quiete finisce prima ancora di cominciare. Il tribunale ha accolto la prima eccezione preliminare delle difese, in cui si lamentavano gravissime violazioni ai loro diritti, con un comportamento grave della Procura di Varese (i pm erano Agostino Abate e Sabrina Ditaranto) che nel corso dell’inchiesta avrebbe sparso gli atti tra vari luoghi, senza enumerarli, e impedendo di fatto agli avvocati di visionare molte e importanti prove per poter poi controbattere e prepararsi adeguatamente al processo.
Il tribunale ha dato loro ragione alle difese su tutta la linea e ha dichiarato nullo l’atto che con cui è stata chiusa l’inchiesta. E’ un fatto raro, ma abbastanza clamoroso e che potrebbe segnare la parola fine a una colossale indagine che, negli anni scorsi, vide imputati Sandro e Antonello Polita per il fallimento del loro gruppo economico.
Secondo il tribunale gli atti erano stati depositati in maniera confusa, caotica, senza un indice e questo ha impedito ai difensori, per la frammentarietà degli atti stessi, di esercitare il loro diritto di difesa. E’ un’eccezione che il Tribunale ha ritenuto fondata. Tra questi si annovera la consegna di un cd rom senza indice con ben 24mila pagine di atti scansionati, e con molti file nominati in maniera generica o senza attinenza con il contenuto. Alcuni atti, inoltre, non erano nella segreteria del pubblico ministero bensì nei locali della guardia di finanza dunque impossibili da consultare per i difensori, tanto che i giudici arrivano a dire che c’è stata una “dispersione degli atti”. I giudici ammettono che la gestione del fascicolo fu “caotica” e dicono che non ci sono le iscrizioni nel registro degli indagati e nemmeno i provvedimenti di proroga delle indagini. E’ stato poi rinvenuto dai difensori dei fratelli Polita un nuovo faldone, oltre ai 26 ufficiali, a sua volta iscritto come faldone numero 26. I giudici rilevano anche che sono state effettuate delle perizie sui cellulari e un pc, giudicate illegali.
Il risultato è che non è stato possibile alle difese presentare alcune memorie e dunque, in sostanza, vi è stata una “palese e gravissima” violazione del diritto di difesa. I giudici del collegio Anna Azzena, Stefano Colombo e Valentina Maderna hanno annullato l’avviso di conclusione indagini per tutti e 12 gli imputati del processo e rinviato gli atti al pubblico ministero.
L’avvocato dei Polita, Ivano Chiesa, sottolinea che “finalmente” sono state riconosciute “le gravi responsabilità” del pm Agostino Abate, già incolpato dinanzi al Csm per la condotta dei casi Macchi e Uva, nella vicenda del fallimento La Quiete. Secondo l’avvocato è un risultato che si deve solo “alla forza d’animo di Sandro Polita e alla sua volontà di non chinare la testa di fronte alle ingiustizie”. Questa sentenza secondo l’avvocato Chiesa riabilita Sandro Polita e la sua famiglia, a cui la vicenda è costata tantissime sofferenze, umane e famigliari. Ma Chiesa sottolinea anche che quanto accaduto rappresenta una unicità nel panorama giudiziario italiano.
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