Imprigionate o inseguite. I numeri della violenza in famiglia
All'indomani dell'omicidio di Busto, abbiamo chiesto alcuni dati certi a Filo Rosa Auser. 60% delle violenze compiute dall compagno, in un caso su cinque dall'ex
«La violenza contro le donne sono una vera emergenza, un fenomeno in crescita». I casi di omicidio – i più gravi nell’esito, con la morte di una donna – sono relativamente rari, ma comunque troppi: da Gallarate a Laveno, fino all’ultimo episodio a Busto Arsizio. Ma dietro c’è anche l’ampio spettro di casi in cui la donna (e con lei a volte anche i figli) è vittima di violenze fisiche e psicologiche, spesso reiterate nel tempo.
All’indomani dell’omicidio di Busto e alla vigilia di una nuova iniziativa che è anche di sensiblizzazione, abbiamo chiesto alcuni dati a Filo Rosa Auser, che gestisce oggi due centri antiviolenza ormai di lungo corso (nel senso che sono attivi da anni) a Cardano al Campo per la zona di Gallarate e a Legnano per l’Alto Milanese. Secondo Loredana Serraglia c’è «una vera emergenza, un fenomeno in crescita».
Da gennaio a Legnano sono state 60 le donne coinvolte in un percorso antiviolenza, ma il centro segue anche 13 donne in assistenza psicologica (che hanno cioè bisogno di «più incontri per trovare una loro via d’uscita»). A Cardano, sempre da gennaio, le situazioni prese in carico sono 22, mentre sette sono le donne in assistenza psicologica.
Non va dimenticato che spesso dietro a una violenza non c’è solo la donna, ma vengono coinvolti anche i figli, spettatori passivi e a volte vittime dirette di minacce e botte: «Una donna, arrivata da noi con il volto tumefatto, ci ha spiegato che il pestaggio era un avvertimento dell’uomo. Che poi ha aggiunto: “il vero dolore lo proverai quando brucerò tuo figlio”» (i figli sono coinvolti nel 62% dei casi seguiti da Auser Filo Rosa nel 2016).
La violenza assume forme diverse e tocca situazioni diverse. Filo Rosa Auser può individuare alcune costanti, anche se ovviamente i dati certi sono solo quelli dei casi intercettati, «la punta dell’iceberg», come ricordava pochi anni fa Anna Taglioretti, presidente dell’associazione. Qual è il “caso tipo”? «Le vittime sono in gran parte donne italiane, tra le straniere specie da alcuni contesti c’è meno consapevolezza e meno denunce» continua Serraglia. Nella maggior parte l’autore delle violenze è il marito».
Nello specifico, dei casi presi in carico da Filo Rosa Auser lo scorso anno il 72% vedeva vittima una donna italiana, l’8% una donna da altre Nazioni europee, nel 17% dall’area africana, il 3% dalle Americhe (nessuna, invece, dall’Asia). Si tratta per lo più di donne giovani o di mezza età: il 17% ha meno di 30 anni, il 21% tra 30 e 40, il 29% tra 41 e 60 anni, ma c’è anche un 6% oltre i 60 anni.
Donne in gran parte con buona scolarità: 32% con licenza media, 24% con diploma, il 19% con laurea, il 3% con licenza elementare.
Quanto all’autore delle violenza, si tratta nella maggior parte dei casi del marito (44%) o del convivente (14%) o del fidanzato (6%), mentre in un caso su cinque (20% circa) si tratta degli ex. Un altro 10% invece riguarda altre figure in famiglia, spesso (6%) il padre.
Come viene intercettato il bisogno di aiuto? Più o meno in un caso su tre (31%) è la stessa donna che si fa avanti cercando aiuto, in altri casi da persone con legami d’affetto (amici 7%, parenti 6%). C’è poi tutta la rete degli enti attivi sul territorio: i servizi sociali (13% dei casi), Polizia e carabinieri (6+6%), consultorio (20%) o CPS (2%), ma anche dal mondo della scuola (2%).
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