Cyberbullismo: più consapevolezza ma senza regole
Il 98% dei ragazzi tra i 9 e i 17 anni usa WhatsApp, la metà trascorre fino a 3 ore al giorno sui social e, nel 60% dei casi, manca un controllo dei genitori

Cresce la consapevolezza sul cyberbullismo e il 98% dei ragazzi sa riconoscerlo, ma la permanenza sui social preoccupa: il 54% resta sui social da 1 a 3 ore, il 25% un’ora, il 20% più di 3. E nel 60% dei casi i ragazzi affermano: senza il controllo dei genitori.
Cosa fanno i nostri ragazzi per tante ore connessi? Perché questo influenza le loro capacità cognitive e diminuisce il loro grado di attenzione?
Pepita Onlus ha distribuito a 1000 ragazzi tra i 9 e i 17 anni un questionario durante gli oratori e i centri estivi: oltre 80 in tutta Italia, coordinati da 98 educatori e 1.900 animatori formati dalla Cooperativa.
Il 98% usa WhatsApp, l’84% Instagram, il 56% Snapchat e il 35% FaceBook, in particolare il 91% li usa a casa, il 52% sui mezzi, il 43% davanti alla tv, il 24% a scuola.
Per questi ragazzi trascorrere tanto tempo connessi significa tenersi in contatto con gli amici (77%), “vedere cosa fanno gli altri” (48%), ma anche condividere le proprie foto personali (38%).
Il 71% sostiene di non aver mai assistito a fenomeni di cyberbullismo, contro un 28% che lo ammette, mentre il dato nazionale si attesta su 3 ragazzi su 5 che hanno subìto atti di cyberbullismo. Con un incremento rispetto al passato, forse dovuto al sommerso che ora fa sentire la sua voce.
Il 55% dei giovani intervistati, infatti, conosce la legge Ferrara del 29 maggio 2017, n. 71, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni” entrata in vigore il 18 giugno 2017. Tuttavia il 45% non sa ancora di poter sporgere denuncia e richiedere la rimozione delle proprie immagini da social e gruppi.
La ricerca di Pepita Onlus mette in evidenza un altro dato: i ragazzi, grazie alla strategia di sensibilizzazione integrata – campagne tv, radio, conferenze, laboratori nelle scuole – hanno acquisito una maggiore consapevolezza del fenomeno.
“Ora si tratta di proseguire nella formazione dei referenti scolastici – ha commentato Ivano Zoppi, Presidente di Pepita Onlus – uno dei capisaldi della Legge sul Cyberbullismo insieme all’”ammonimento”, come forma educativa, per trasmettere ai ragazzi la responsabilità dei loro gesti, anche on line. Pepita Onlus è già parte dei tavoli interistituzionali dell’Ufficio Scolastico Regionale Lombardo per definire i programmi e i contenuti, ma abbiamo anche stretto una partnership esclusiva con AICA – Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico per rilasciare la prima certificazione on line delle competenze degli adolescenti in termini di fruizione della Rete e renderli capaci di individuare precocemente fenomeni di cyberbullismo”.
Troppo spesso i ragazzi tendono a sottovalutare le conseguenze di una condivisione o di un post offensivo. Spetta ai genitori e alla scuola unire le forse per aiutarli a ridare valore alle relazioni, anche attraverso l’esercizio dell’empatia: una competenza sociale che si va consolidando proprio in età adolescenziale e che ultimamente sembra sopita.
“Venendo meno le interazioni vis-à-vis – ha ripreso Zoppi – i giovani faticano a limitare i loro comportamenti eccessivi. Forti del potere dello schermo che fa loro credere di essere in qualche modo protetti, i ragazzi hanno disattivato la capacità di apprendere come si sente l’Altro attraverso i segnali del suo corpo e le espressioni del viso. Spetta a genitori, insegnanti ed educatori offrire alternative e contesti perché queste qualità vengano allenate”.
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