Esiste una via italiana all’industria 4.0
Tommaso Rossi (Liuc): «L'uso di tecnologie digitali nei processi produttivi non ha lo scopo di eliminare l'uomo ma di cooperare con l'uomo stesso»
«Esiste un via italiana all’Industria 4.0, nel senso che bisogna sempre tener conto del tipo di aziende di cui parliamo e dell’uso che fanno delle tecnologie digitali». Tommaso Rossi, professore di impianti industriali meccanici presso la Scuola di ingegneria della Liuc , è il direttore dell‘Executive program L’eandustry 4.0, programma che l’ateneo di Castellanza ha realizzato per formare i manager e gli imprenditori della quarta rivoluzione industriale. La Liuc sta cercando di dare una fisionomia a un modello di fabbrica che ancora non è compiuto, nonostante la definizione Industry 4.0 si legga ormai dappertutto, anche dove non c’è ragione di parlarne. Si va infatti da un generico significato di “digitalizzazione” a descrizioni più particolareggiate che entrano nel dettaglio di concetti tecnologici e organizzativi.
Perché nella narrazione dell’Industry 4.0 accade questo?
«Perché è la natura di questa rivoluzione industriale che a differenza di quelle che l’hanno preceduta è una “rivoluzione combinatoria”, per usare un’espressione felice di Gianfelice Rocca, in quanto si basa su nove tecnologie diverse e interconnesse tra loro quasi tutte di matrice digitale».
Voi però fate un passaggio ulteriore, cioè parlate di L’eandustry 4.0, legando il nuovo paradigma alla produzione “snella” o Lean, mutuata dai giapponesi della Toyota
«Noi lo riteniamo un prerequisito fondamentale perché governare o automatizzare un processo complesso con le nuove tecnologie digitali rende il sistema produttivo rigido e poco robusto. Mentre l‘industry 4.0 funziona benissimo su una fabbrica snella e ha un effetto leva sui vantaggi associati alla filosofia lean. D’altronde quando si parla di industria 4.0 si parla sempre delle aziende automobilistiche tedesche che prima di essere tedesche sono aziende automobilistiche e in quanto tali sono anche lean, come tutte le aziende del settore automotive».
Nella presentazione dell‘Executive program ha mostrato un video dove i percorsi dei lavoratori sono localizzati attraverso un sistema di RTLS (Real Time Location System). Può creare problemi nelle relazioni sindacali?
«In genere all’Industry 4.0 si associa la definizione “fabbrica intelligente”. L’uso di tecnologie digitali nei processi produttivi non ha lo scopo di eliminare l’uomo ma di cooperare con l’uomo stesso, con implicazioni sull’organizzazione del lavoro. È chiaro che in una fabbrica Lean che dà fiducia al lavoratore non ci sono problemi sindacali perché è il lavoratore stesso che rimodella il proprio posto di lavoro».
Come si fa a convincere un imprenditore che il passaggio all’industry 4.0 è necessario?
«Gli imprenditori sono persone concrete e quindi bisogna fargli toccare con mano i risultati. Per esempio, quando dobbiamo parlare a un imprenditore della produzione Lean organizziamo degli eventi Kaizen (in giapponese significa cambiare in meglio, ndr) con vittorie facili. Cioè dimostro concretamente e in poco tempo che le cose in azienda possono funzionare meglio».
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