Rigenerazione urbana anche per B&B e alberghi
È la sfida per tutti anche per gli architetti. Secondo, il presidente dell'ordine, Laura Gianetti, gli interventi sulle strutture ricettive devono essere qualificanti per l'offerta turistica

Nell’ultima assemblea di Ance Varese (Associazione nazionale costruttori edili) c’è stata una definizione chiave che ha contraddistinto tutti i lavori: rigenerazione urbana. Secondo i costruttori, è la nuova frontiera da conquistare «in un momento storico straordinario», ma a condizione che si possa intervenire sul tessuto residenziale esistente. Non è semplice come dirlo, perché richiede un’unità di intenti che coinvolga tutti i pezzi della filiera, dagli amministratori pubblici ai costruttori, passando naturalmente per i progettisti. Questa visione se portata a compimento potrebbe rappresentare la svolta per molti territori anche in chiave turistica.
La presidente dell’ordine degli architetti, Laura Gianetti, concorda con questa visione, al punto da definirla una sfida.
«La rigenerazione urbana può ridare vita alle città perché punta alla sostenibilità complessiva, a partire da quella energetica – dice l’architetto – . Su questi temi non siamo più all’anno zero, la sensibilità è cambiata come dimostrano le tante iniziative in corso, soprattutto nei condomini».
E sulle strutture ricettive, alberghiere ed extralberghiere?
«Anche in questo settore le cose stanno cambiando. Oggi c’è più mercato, soprattutto quando si interviene con criteri di sostenibilità perché questi interventi sono qualificanti, cioè danno un senso compiuto al concetto di rigenerazione urbana. E se pensiamo che sul territorio arrivano molti turisti stranieri, che quando parlano di sostenibilità si riferiscono a un dato culturale per loro ormai acquisito, allora questa sfida va tradotta in fatti».
C’è una priorità che intravede oggi per sfruttare le potenzialità turistiche del territorio?
«La riqualificazione del lago di Varese perché darebbe una maggiore attrattività al territorio essendo il lago del capoluogo. I tedeschi, i belgi e i francesi oggi continuano a comprare casa sul Lago Maggiore, potrebbero farlo anche in altre zone della provincia che ha ampi margini di crescita per l’offerta in termini naturalistici, di paesaggio e infrastrutture».
Qual è la richiesta maggiore che viene fatta ai progettisti e quali sono i problemi più frequenti che dovete affrontare?
«C’è una certa richiesta di riconvertire residenze in bed and breakfast. Di solito il problema maggiore è la distribuzione delle camere e dei servizi molto spesso difficile da realizzare perché la proprietà cerca di contenere i costi dell’impiantistica, scelta che poi impatta sulla qualità dell’offerta turistica. Per esempio, un conto è dotare ogni stanza di un servizio igienico, un conto è avere un bagno in comune per tutte le stanze. E non dimentichiamo che i commenti sui social sono inesorabili su questi aspetti. Comunque, la scelta di aprire un bed and breakfast è un modo per far fruttare la proprietà e per integrare il reddito principale, anche in questo periodo, perché i postumi della crisi economica si fanno ancora sentire. Alcuni architetti lo hanno fatto».
Quanto influisce la rigidità della normativa sullo sviluppo della ricettività complementare?
«I parametri della legge regionale sono molto precisi, credo però che sia la nostra vicinanza con l’area metropolitana ad aver influenzato non poco questo sviluppo, soprattutto nel sud della provincia, più centrato su Milano per ragioni di vicinanza territoriale. Mentre a nord c’è la carta più importante che il territorio può giocare in chiave turistica: il paesaggio e la natura. Credo che il margine di sviluppo del turismo in provincia sia alto ma deve tener conto di questa polarizzazione per indirizzare gli investimenti».
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