Abbiamo una banca
La Bcc farà parte di Iccrea Banca, la holding di famiglia. Un patto di coesione regolerà i rapporti delle circa 300 banche socie con la capogruppo
«Ora potete dire: abbiamo una banca. E senza paura delle intercettazioni». La battuta finale di Giuseppe De Filippi , vicedirettore del TG5, nella serata per l’anniversario dei 120 anni della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, nelle intenzioni sarà stata anche ironica, ma nei fatti ha rivelato una semplice verità: per il credito cooperativo inizia una nuova vita.
In realtà l’inizio di questa nuova esistenza va retrodatato di qualche anno. Tutto è cominciato con la decisione della premiata ditta Scazzosi-Barni, rispettivamente presidente e direttore dell’istituto di credito, di risanare prima il bilancio e subito dopo di aderire a Iccrea Banca, la holding di famiglia. Un passaggio epocale perché realizzando una capogruppo, il credito cooperativo diventa uno dei principali gruppi bancari italiani.
Nel confronto pubblico con Giuliano Magagni, presidente di Iccrea, i vertici della Bcc hanno toccato senza censure tutti i punti sensibili relativi all’ingresso nella holding. In particolare due sono sembrati di vitale importanza: il mantenimento di una parte di quella autonomia che caratterizza il rapporto con il territorio ed evitare l’entrata di capitali esterni, ipotesi che snaturerebbe il credito cooperativo, mettendo così in discussione il controllo stesso del gruppo. Non è una semplice preoccupazione perché qualcuno ci aveva già pensato, visto che il primo decreto di riforma prevedeva entrate dall’esterno fino al 70%. «Noi finché possiamo – ha risposto Magagni – non apriremo mai all’esterno. I padroni del credito cooperativo sono i soci, cioè le banche del gruppo».
SI GOVERNERA’ CON UN PATTO DI COESIONE
La capogruppo, che comprende poco meno di 300 banche e ha un patrimonio, tutto italiano, di 15 miliardi di euro, non si quoterà in borsa e sarà vigilato dalla Banca d’Italia. Il suo rapporto con le banche socie si articolerà in tre attività: indirizzo, coordinamento, controllo e garanzia. Un modello che va dal basso verso l’alto, basato su un patto di coesione: le banche socie manterranno un’autonomia sui territori e saranno soggette ai controlli da parte della holding che orienterà la gestione e farà azioni per prevenire il cosiddetto “azzardo morale” che ha contraddistinto i recenti crac finanziari di alcune banche. «Il gruppo farà da scudo – ha spiegato Magagni – ma l’autonomia ogni banca se la dovrà meritare con una gestione virtuosa. Prima si trattava di falsa autonomia, perché c’era chi faceva disastri e chi pagava e noi intervenivamo a chiamata perché non avevamo un fondo di garanzia interno. Ora ci vuole un cambio di mentalità».
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