“Il futuro ospedale unico è una necessità che va governata”
Oltre un centinaio di persone ha partecipato all'assemblea organizzata dal Pd sul progetto di super-ospedale a cavallo del confine tra Busto Arsizio e Gallarate
La sala dei matrimoni di Villa Calcaterra si è rivelata sin troppo piccola per accogliere il centinaio di cittadini (tra i quali anche politici e addetti ai lavori in ambito sanitario e urbanistico, ndr) che hanno voluto partecipare all’assemblea indetta dal Partito Democratico sull’ospedale unico che la Regione vuole costruire tra Busto Arsizio e Gallarate.
Da quando si è messo in moto il complesso iter che porterà alla costruzione del nuovo complesso sanitario, che manderà in pensione i vecchi ospedali dei due centri, si tratta della prima vera occasione per porre domande su cosa accadrà nei prossimi mesi e anni. Tante, infatti, sono state le domande rivolte al direttore dell’Asst Valle Olona Giuseppe Brazzoli e a Francesco Longo, docente dell’università Bocconi di Milano che si è autodefinito “serial killer dei vecchi ospedali”.
La serata è stata introdotta dalle riflessioni del commissario del Pd bustocco Carlo Borghetti: «Abbiamo organizzato questa serata perchè vogliamo capire con persone qualificate cosa succederà all’intero comparto sanitario di zona. Con la riforma sanitaria della Regione si passa dal modello formigoniano della libertà di scelta a quello che si prende cura del fruitore del servizio sanitario. Al di là degli aspetti positivi esiste un problema tra prima, durante e dopo il ricovero ospedaliero».
La riforma è apprezzata anche dai democratici nel suo complesso ma esistono ancora problemi da risolvere nella sua applicazione: «Abbiamo apprezzato – prosegue Borghetti – il recupero della parte sociale e territoriale voluto nella riforma ma, a due anni dalla realizzazione, non vediamo un disegno coerente quando si parla di presa in carico dei malati cronici. Rischiamo di lasciarli in carico agli ospedali, che era uno dei difetti che si voleva risolvere».
Infine il responsabile (ad interim) del Pd pone alcuni quesiti: «Il nuovo ospedale come si inserisce nella legge 23 che riforma la sanità? Abbiamo Legnano, due ospedali privati a Castellanza e un presidio regionale a Varese. Che ruolo avrá Busto? Quali infrastrutture? Che ne facciamo delle due strutture esistenti? Il personale?»
A mettere le cose in chiaro da un punto di vista più generale è il professor Longo: «Viviamo in un Paese e in una regione in cui ci sono meno nati che morti (500 mila contro 750 mila). Rischiamo di diventare una grande casa di riposo a cielo aperto perchè siamo sempre piu vecchi e ci sono sempre più malati cronici. Ad aggravare la situazione ci si mette anche il pensiero comune che i problemi non risolvibili sono poco tollerati dai cittadini».
In questo quadro, aggiunge Longo, si aggiunge la strenua difesa dei piccoli ospedali «che sono snobbati, quando si ha bisogno di cure importanti, anche da chi li difende. Questa poca propensione all’innovazione e al cambiamento ostacola la necessità ormai vitale di concentrare competenze ospedaliere in pochi poli ospedalieri, a garanzia della qualità stessa delle cure che sono migliori dove la casistica è più alta». Per Longo, infine, «non bisogna reagire ad un nuovo ospedale con la dicotomia sì/no ma chiedendoci cosa facciamo dei vecchi presidi».
Il direttore Brazzoli è contento di questa iniziativa che permette, finamente, di spiegare il perchè di questa scelta: «Finalmente posso parlare di questo progetto. A che punto siamo? Siamo all’avvio dell’accordo di programma con la commissione di pilotaggio che ha fatto le prime scelte basilari. Siamo alla verifica della percorribilità di questa ipotesi. Ora tutti possono alzare la mano e dire cosa funziona.Sono stato dotato di 500 mila euro per fare uno studio di fattibilità in cui ci sono molte delle risposte alle domande che chiunque si pone in questa fase».
Brazzoli sottolinea anche come sia importante utilizzare bene le risorse (la previsione di spesa, al momento, è di circa 500 milioni di euro) «Non dobbiamo sprecare risorse pubbliche se neurochirurgia e cardiochirurgia ci sono giá a Varese, Como e Legnano. Per quanto riguarda il personale l’ottica per noi è che 1+1 deve fare 2,5. È importante non diminuire le risorse che ci sono adesso, che sono già poche. Molti criticano la posizione scelta nei terreni di Beata Giuliana ma l’attuale ospedale di Busto, quando è stato realizzato il padiglione centrale del 1915, era in piena campagna e all’epoca non c’erano i mezzi per raggiungerlo. Questa scelta, però, ha fatto sì che durasse 100 anni. Oggi non abbiamo quella presunzione, ci basta riuscire a creare qualcosa che vada bene per i prossimi 50 anni. Servirà molta intelligenza per non sprecare l’opportunità».
Sulle vecchie sedi Brazzoli sa che è impossibile vendere i vecchi sedimi ma quegli edifici non dovranno rimanere vuoti: «La legge 23 ci aiuta perché dobbiamo curare i cronici quindi sarà necessario mantenere operativi gli ambulatori e altri servizi che non andranno nell’ospedale nuovo» – conclude Brazzoli. Da non dimenticare, infine, la questione viabilità che interesserà tutto l’asse del Sempione tra i due comuni, la vicina ss 336 e la presenza di altre realtà che accentrano traffico come l’Ite Tosi e il futuro Palazzetto dello Sport.
La chiusura è stata lasciata al segretario regionale e consigliere Alessandro Alfieri: «La democrazia rappresentativa è stanca ma é l’unica risposta. Bisogna peró ascoltare e prendersi anche insulti e critiche. Per questo una serata così è importante per capire se questo investimento è giusto o no. Vogliamo sapere qualcosa di più dei terreni, dei metri cubi e dei costi. Vogliamo sapere quanti medici, asa, oss, infermieri servono e con quali funzioni saranno impiegati. Quali reparti saranno sviluppati e quali, invece, non ci saranno più. Questo importa ai cittadini che dovranno farsi curare in questo nuovo sistema».
Molti gli interventi dei presenti tra i quali la consigliera comunale gallaratese Cinzia Colombo, l’ex-sindaco Guenzani, esponenti della maggioranza che governa Busto con la capogruppo di Forza Italia Donatella Fraschini, esponenti del comitato contro l’ospedale unico, medici, architetti e infermieri dei due presidi.
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