Le imprese italiane piacciono agli investitori inglesi
In questi giorni alcuni imprenditori italiani sono allo Stock Exchange di Londra per partecipare alla Star Conference 2017. Chinosi (Banca Akros): «Gli investitori vogliono conoscere gli imprenditori e la loro visione»
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La percezione dell’Italia all’estero è sempre stata un problema. L’instabilità di una politica troppo barocca, incapace di decidere e quindi di definire un perimetro certo per chi ci guarda da fuori, si è sempre tradotta in un giudizio sostanzialmente negativo sul sistema Paese. Alessandra Migliaccio di Bloomberg, in un’interessante pubblicazione* lo definisce «perception gap», un fenomeno che deriva dalla difficoltà di spiegare come funziona un Paese dove il potere è diffuso e complesso, dove le decisioni non sono mai bianche o nere. «Quando si spiega l’Italia – scrive Migliaccio – c’è sempre il “ma”, “ma però”, “ma poi vedrete”, “ma fra sei mesi”, “ma fra due anni”. Questa è una cosa che sconvolge gli stranieri».
NONOSTANTE TUTTO L’ECONOMIA REALE TIENE
A fronte di una politica che non decide e non si assume le sue responsabilità per rimettere in ordine i conti pubblici dissestati e di un sistema considerato dai più inefficiente, l’Italia continua ad essere il secondo Paese manifatturiero d’Europa, subito dopo la Germania, e il Made in Italy il suo miglior ambasciatore. Una grande contraddizione che spesso viene riassunta nella frase: «Chissà dove potremmo arrivare se l’Italia funzionasse?». Forse non si arriverebbe proprio da nessuna parte, perché gli imprenditori italiani hanno imparato a organizzarsi nella fragilità del sistema, ingegnandosi, senza dipendere troppo dal decisore pubblico. Sono anni che si chiedono più infrastrutture ma in provincia di Varese, per esempio, ci sono tante aziende che prosperano sui mercati internazionali, con commesse che arrivano da grandi gruppi stranieri, pur essendo sperdute in valli nemmeno segnalate dalle cartine geografiche. Le cose potrebbero migliorare, certo, perché tutto è migliorabile, ma il sistema Paese non sarebbe determinante, perché di fatto non lo è stato fino ad oggi. Il fattore K di questo successo «mutilato» è un altro e si chiama: imprenditore.
A LONDRA VOGLIONO CONOSCERE LE IMPRESE ITALIANE
È interessante quanto sta avvenendo allo Stock Exchange di Londra dove proprio in questi giorni alcune imprese italiane partecipano alla Star Conference 2017 organizzata da Borsa Italiana per incontrare investitori istituzionali inglesi. Simona Chinosi, institutional equity sales di Banca Akros del gruppo Banco Bpm, manager che lavora e vive nella City e sta seguendo da vicino l’evento, sostiene che siamo di fronte a qualcosa di nuovo, fino a poco tempo fa nemmeno immaginabile.
«È evidente che è cambiato il sentimento nei confronti dell’Italia – spiega la manager – ma al centro dell’attenzione degli investitori inglesi non c’è più l’incertezza del nostro Paese, la sua instabilità politica, bensì la capacità delle sue aziende di stare sui mercati di tutto il mondo con prodotti e servizi di qualità. Quindi vogliono conoscere le imprese italiane e soprattutto gli imprenditori e la loro visione. Queste porte prima non si sarebbero mai aperte».
* AA.VV, “Uscire dalla crisi. Riprendere la crescita. Come? Quando?”, Milano, Il Sole 24 ore, 2013
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