I carabinieri scoperchiano il business dei cassonetti gialli per gli abiti usati
I vestiti non andavano ai poveri e due responsabili di un'associazione caritatevole sono finiti in manette. Molti cassonetti erano stati posizionati anche in provincia di Varese
Dietro quei cassonetti gialli per la raccolta degli indumenti usati, presenti anche in molti centri della provincia di Varese, non c’era un’associazione caritatevole ma un vero e proprio business con un giro d’affari da milioni di euro.
I carabinieri del Noe di Milano hanno scoperchiato il business che portava quelle montagne di vestiti, spesso anche in buone condizioni, sui banchi dei mercati di Napoli e Caserta invece che raggiungere l’Africa e i milioni di indigenti che non possono permettersi nemmeno un pantalone, un maglione o una giacca.
Con la scusa della beneficenza la onlus si procurava profitti e i suoi responsabili sono finiti sotto inchiesta. I militari hanno ricostruito il viaggio di questi sacchi di indumenti che venivano portati al centro di raccolta di Solaro, in provincia di Milano, per poi essere spediti direttamente o in Tunisia, o nelle province di Napoli e Caserta, a pagamento, dove venivano rivenduti a loro volta nelle bancarelle, senza alcun trattamento con conseguenti gravi problemi sanitari.
Due responsabili dell’associazione fittizia sono finiti in manette su ordine della Dda di Milano mentre altre tre sono finite ai domiciliari e sei con obbligo di dimora. Le accuse vanno dal traffico illecito di rifiuti all’occupazione abusiva di suolo pubblico: la maggior parte di questi cassonetti, infatti, erano stati posizionati abusivamente (ne avevamo parlato qui) e verranno presto rimossi.
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