Niente uscita dal Parco del Ticino, ma Cassani vuole meno regole stringenti
Il nodo del confronto tra amministrazione e Parco è il vincolo sui progetti edilizi: "Troppi novanta giorni per una risposta". Si riparte dall'incontro tra Cassani, Petrone e il presidente del Parco Beltrami
Gallarate esce dal Parco del Ticino? La proposta era stata buttata lì dal sindaco Andrea Cassani al termine di una commissione urbanistica e ha fatto discutere, con una micro-crisi diplomatica con il Parco. In realtà il sindaco aveva corretto il tiro già nei giorni successivi, indicando un obbiettivo più ristretto, meno divisivo ma non per questo privo di significative implicazioni: l’obbiettivo era ottenere una revisione delle norme che impongono l’esame dei progetti edilizi dalla Commissione Paesaggio.
Ora, su questo punto bisogna capire come andranno avanti le cose. Per ora amministrazione comunale e Parco hanno “raffreddato” la questione, anche con un incontro vis-a-vis tra il sindaco Andrea Cassani e l’assessore all’Urbanistica Alessandro Petrone da una parte e il presidente del Parco del Ticino Gian Pietro Beltrami dell’altra. «Ci siamo trovati d’accordo sulla necessità di affrontare un percorso che porti alla semplificazione e alla sburocratizzazione delle pratiche, prendendo atto delle necessità dei Comuni e perciò dei cittadini. Fatto salvo la necessità di tutela paesaggistico ambientale».
I due esponenti della giunta e il presidente del Parco si sono confrontati per circa un’ora, lunedì. Il punto di partenza è stato appunto il richiamo lanciato nei giorni scorsi dal primo cittadino gallaratese circa le complicazioni e le lungaggini nel rilascio delle pratiche, causate da norme e regole considerate troppo rigide imposte da Regione Lombardia e Stato. «È mio dovere – ha spiegato Beltrami – intervenire di persona a dare risposte ai sindaci. Con Cassani e Petrone abbiamo perciò condiviso la necessità di sollecitare nuovamente Regione e Ministero affinché trovi finalmente risposta quanto da noi proposto nel 2014, quando istituimmo un tavolo tecnico al quale parteciparono gli uffici tecnici di tutti gli Enti. Il risultato del gruppo di lavoro fu l’elaborazione di un documento condiviso all’unanimità con il quale, tra l’altro, si proponevano alcune procedure di semplificazione che riguardavano in particolare le zone di iniziativa comunale. Documento che è stato fatto proprio dalla Comunità del Parco in data 27 marzo 2015 ed inviato ai Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, e al Ministero dei Beni culturali e a Regione Lombardia. Ma che purtroppo ad oggi tale proposta non ha trovato nessun riscontro. Nel frattempo noi abbiamo fatto quanto la legge ci consente, ossia il nuovo Abaco».
Corte storica abbandonata in via MazziniUn ragionamento legato a doppio filo alla legge regionale numero 28/2016 che sta portando alla riorganizzazione dei parchi lombardi: «L’iter avviato – ha proseguito il presidente – ha come traguardo finale la formazione di una nuovo Parco del Ticino, i cui confini verranno notevolmente allargati, tanto da trasformalo nel più grande parco d’Europa. Tutto dipende da quanto è previsto nel testo della legge regionale ancora in discussione».
L’obbiettivo è fare in modo che solo il Comune resti “sovrano” delle aree urbanizzate, svincolandosi da Parco (e relativa Commissione Paesaggio). E qui, come ha sottolineato l’assessore Petrone, si inserisce Gallarate: «Auspichiamo che il lavoro che il Parco ha già iniziato con la Regione, teso ad escludere dai vincoli paesaggistici le aree di iniziativa comunale, prosegua celermente». Da parte sua, il sindaco ha aggiunto: «Sburocratizzazione e semplificazione non devono essere solo un proclama e ciò vale sia per i cittadini gallaratesi, sia per tutti i cittadini dei Comuni azionisti del Parco. Il Parco del Ticino rispetto ad altri parchi racchiude un gran numero di aree urbanizzate, bisogna pertanto trovare il giusto punto di equilibrio e la giusta flessibilità. Gallarate si farà portatrice di queste istanze anche presso Regione Lombardia». Il punto di partenza potrebbero essere le tempistiche: per il Comune, novanta giorni per ricevere una risposta sono una esagerazione. Bisogna dare ai cittadini riscontri molto più rapidi.
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