La memoria di don Dante Colombo, parroco di Verghera

Francesco Bianchi, in occasione del 60° della scomparsa del sacerdote, ne traccia un profilo completo. Fondò l'oratorio vergherese e introdusse novità pastorali in una società che cambiava

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A distanza di 60 anni non svanisce la memoria di don Dante Colombo, a lungo parroco di Verghera di Samarate, anche negli anni tumultuosi della guerra e di quelli della ricostruzione. Don Dante, che creò anche l’oratorio del paese, è scomparso nel 1957: «Ormai coloro che l’hanno conosciuto ci stanno lasciando e la memoria per questo semplice coadiutore che fece molto per la comunità locale sta svanendo» spiega Francesco Bianchi, che è legato da parentela a don Dante.

Il sacerdote nel 1998 si meritò un capitolo nel libro “Verghera com’era” e nel 2001 l’intitolazione del piazzale del mercato, nella frazione samaratese. Raccogliendo diverse fonti, Francesco Bianchi ripropone oggi dunque un ritratto dei 51 anni di vita di don Dante e della sua vita pastorale a Verghera.

«Nato a Lucernate di Rho mercoledì 26 dicembre 1906, figlio di Giovanni Enrico e Fossati Santina, il giorno seguente è battezzato presso la parrocchia di San Vittore in Rho, la stessa in cui è cresimato il 15 settembre 1912 dall’Arcivescovo Cardinal Andrea Carlo Ferrari: riceve il nome di Dante Giulio. Dopo un infanzia segnata dalla prima guerra mondiale, diciasettenne entra nel colleggio arcivescovile San Carlo di Milano, come prefetto ed al fine di frequentare i corsi ginnasiali. Nel 1925 domanda di poter proseguire gli studi presso il Seminario diocesano presentando la documentazione necessaria, per di più in tale occasione il prevosto di Rho, don Giuseppe Benetti, lo riconosce “giovane di ottima condotta, di pietà, e laborioso e diligente nel servizio dell’altare”. Contemporaneamente il chierico richiede formalmente di poter continuare ad esercitare come prefetto all’interno dei collegi arcivescovili per potersi mantenere agli studi. Dopo aver affrontato alcuni esami di riparazione (Latino, greco, aritmetica e geometria), il 19 ottobre 1925 è ammesso al seminario arcivescovile di Monza per affrontare la classe quinta ginnasiale. Giunto al Seminario Maggiore per affrontarvi gli studi teologici vive il passaggio dall’antica sede seminaristica milanese di Corso Venezia (Porta Orientale) alla nuova di Venegono Inferiore, dove  seminaristi iniziarono a risiedere a partire dall’agosto 1930. Nel maggio 1932 la Commissione arcivescovile de promovendis ad ordines interpella il parroco di San Francesco d’Assisi e don Giovanni Battista Castiglioni (parroco di Lucernate) che rispondono entrambi positivamente, con annotazioni asciutte ed essenziali, all’ordinazione suddiaconale di Dante. Insieme ad altri 32 compagni il 10 giugno 1933 viene ordinato sacerdote per l’imposizione delle mani del card. Alfredo Ildefonso Schuster, il giorno seguente celebrerà la sua prima messa nel paese natale».

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È qui che la storia di don Dante interseca quella di Verghera di Samarate. «Nel 1934, hanno inizio gli anni più significati del novizio sacerdote che lo renderanno celebre nei territori in cui opererà, infatti il cardinal Schuster, col quale nel frattempo si era instaurato un legame, lo destina come coadiutore presso la parrocchia della Natività di Maria Vergine in Verghera (allora legata alla Pieve di Gallarate). Qui grazie al suo contributo sarà possibile edificare il primo oratorio maschile, di cui la comunità era priva e ne avvertiva la necessità; per di più instaurando un forte legame soprattutto con bambini e adolescenti, è uno dei primi coadiutori del territorio ad istituire la cultura del pellegrinaggio, il che li permise nel 1949 di organizzarne appositamente uno per accompagnare un inferma in preghiera a Lourdes. Durante la seconda guerra mondiale, non mancherà di preoccuparsi di dar rifugio a perseguitati politici e militari fuggiaschi, nonchè di istituire un primordiale bollettino parrocchiale al fine di aggiornare la comunità sulla salute dei propri congiunti al fronte».

È già dagli anni del Dopoguerra, in un territorio economicamente già in crescita, che don Dante intuisce la necessità di intraprendere nuove strade pastoriali, capaci di avvicinare anche chi si era allontanato. «Nel gennaio del 1950, rivede il primordiale bollettino istituendo il primo del paese di cui ne era privo, qui si dedicherà ad attirare l’attenzione verso la vita parrocchiale, è celebre in merito la sua riflessione: “Tutti ed anche quelli che per pigrizia, o per rispetto umano, o per pregiudizio, non vengono in chiesa, devono avere la possibilità di conoscere la nostra santa religione, tramite il bollettino parrocchiale”».

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«In questi anni sarà anche uno dei primi sacerdoti sul territorio ad evidenziare come la religione e la chiesa necesittavano un rinnovamento, infatti non esitò ad affermare che “È necessario che la vita parrocchiale si aggiorni, tenga il passo, per così dire, con le nuove esigenze”. Il 2 aprile 1957 Don Dante Colombo viene a mancare per una complicazione dovuta alla leucemia di cui era affetto da tempo, il giorno seguente il quotidiano provinciale “Cronaca prealpina” gli dedica un articola in cui non manca di segnalare tutto il suo operato, anche il quotidiano cattolico nazionale “L’Italia” pubblica due necrologi in sua memoria. Il 4 aprile vengono celebrati i funerali in forma solenne a cui interviene un ampia folla oltre che alle autorità civili ed ecclesiastiche anche di città e paesi limitrofi».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 08 Gennaio 2018
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