La sbandata di Fontana
Pierfausto Vedani riflette sull'uscita a Radio Padania da parte del candidato in Regione per il centro destra. "Dobbiamo affrontare culturalmente il razzismo strisciante che è nella storia della nostra nazione"
Dopo un paio di giorni su alcuni mass media e il televideo della rete nazionale con la dimensione di una prima notizia tiene ancora banco l’uscita razzista del nostro ex sindaco Fontana a Radio Padania. La coda lunga dell’impresa del nostro politico merita alcune considerazioni.
Da nonno, e come tale da tempo a riposo, dei cronisti giudiziari varesini non ricordo un solo avvocato che non desse alle sue parole il significato che desiderava; per esempio succedeva che a volte nei processi noi si capisse subito quando nelle arringhe il legale parlava “per i giudici” e quando parlava per chi doveva pagargli la parcella.
In politica però non tutto è sempre processo e allora si può dire che la valutazione di Fontana sul colore della pelle dei migranti è stata una sbandata mica male, ma la lunga storia di una persona intelligente e misurata suggerisce anche l’ipotesi del rischio calcolato. In campagna elettorale ci sta un messaggio interno alla Lega, alla quale si deve da anni la ripresa di un localismo dalle accentuate venature razziste.
In questo caso l’errore, il presunto lapsus del nostro ex sindaco, candidato alla guida della Regione, era un rischio calcolato, con risvolti “positivi “addirittura anche all’esterno del partito dove attenzione e contrarietà al dramma dell’immigrazione non sembrano avere chiari confini politici.
Ma se l’episodio Fontana ha continuato ad avere una dimensione da prima notizia non è da sottovalutare l’ipotesi che gli avversari della Lega non abbiano, magari da tempo e a causa di diverse diatribe interne, argomenti con altrettanta capacità di presa sull’opinione pubblica.
Non è un caso che ci si butti anche sul fascismo in ripresa, ipotesi che aveva una sua forte valenza negli Anni 70 e che va sempre tenuta in considerazione ma senza sconfinare nel campo dei pretesti.
C’è invece un’altra realtà da affrontare sempre e da battere culturalmente: quella del razzismo strisciante che è nella storia della nostra nazione. Razzismo fatto di colonialismo, antimeridionalismo, di opportunismo politico.
Un lungo viaggio nel tempo, partendo dalle “imprese” nell’800 dei generali savoiardi in Etiopia, dai centomila libici imprigionati o uccisi in venti anni ( 1912-1932) di Tripoli bel suol d’amore e poi del sanguinario impero fascista sull’Etiopia negli Anni 30.
E per finire la grande vergogna, sempre dimenticata e che ha avuto padrini a sinistra: l’indifferenza, Il fastidio quasi con i quali furono accolti nella loro patria, appunto l’Italia, i profughi di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia. Avevano il solo torto di fuggire da un dittatore come lo jugoslavo Tito. Comunista odiato dai compagni italiani perché avversario di Stalin. Come è stato lungo, forse lo è ancora, il nostro viaggio nazionale verso la democrazia.
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