Ode a Paolo Vittori, specialista polivalente del basket
Pier Fausto Vedani invita a "ripassare" le qualità del campione della Grande Ignis, goriziano trapiantato a Varese e da tanti anni impegnato nell'organizzazione del "Trofeo Garbosi"

(d. f.) Paolo Vittori, nato nel 1938 a Gorizia, vive attualmente a Varese dove tra l’altro si occupa dell’organizzazione del “Trofeo Garbosi”, da lui fondato. Tra gli anni Sessanta e Settanta è stato uno dei più forti giocatori italiani. Alto 1,91, di ruolo ala, ha vinto quattro scudetti con il Simmenthal Milano; fu Giovanni Borghi a strapparlo ai rivali e ingaggiarlo nella Grande Ignis con cui centrò due titoli nazionali, due Coppe dei Campioni (’70 e ’72), tre Intercontinentali, una Coppa Coppe e due Coppe Italia. Con la Nazionale ha preso parte a tre Olimpiadi (Roma 60′, Tokyo ’64, Città del Messico ’68). É membro della Hall of Fame del basket italiano e della Pallacanestro Varese.
Nei miei 63 anni di viaggio nel mondo dell’informazione mi è capitato qualche volta di scrivere articoli in circostanze ambientali o psicologiche non facili: devo dire che un pizzico di imbarazzo l’ho anche in questo momento perché la riflessione che propongo ai lettori riguarda il basket del quale quasi ogni giorno scrissi per il lungo periodo degli anni ruggenti di questo sport a Varese per poi troncare il rapporto di colpo perché destinato ad altri incarichi.
Non ho più visto una partita, nemmeno in occasione del decimo scudetto, ho messo piede al Palasport solo quando la città intera festeggiò Manuel Raga nel 2010. Sarei ritornato a Masnago per salutare Dino Meneghin e conoscere di persona Pozzecco, ma un attacco di… gioventù mi ha imposto i consueti “domiciliari” che peraltro mi permettono oggi di offrire agli sportivi cittadini spunti per valutazioni mai fatte.
Il primo: tutto bene per la adozione come concittadini di Meneghin e Pozzecco, ma già in occasione delle feste per Raga e Bob Morse avevo pensato al singolare silenzio calato su Vittori, senza nulla togliere a tutti gli altri atleti che hanno dato il loro apporto alla costruzione e ai successi della Grande Ignis.
I baskettari italiani hanno sempre scelto bene i loro campioni da premiare, ma l’attenzione non è mai stata rivolta a giocatori che emergevano per la loro polivalenza, cioè l’alto livello raggiunto delle loro singole prestazioni durante le diverse fasi di gioco.
Il basket ha una sua scientificità che si esprime con i numeri di tiri, da due o da tre o liberi, da rimbalzi, recupero palle, falli, mentre è ben più difficile valutare di un giocatore la gestione della palla, le capacità difensive, le invenzioni, il controllo di uomini o situazioni, doti che contribuiscono alla definizione di un campione completo.

Già con Nikolic noi scribi si discuteva di questi aspetti della valutazione di un giocatore e già allora usciva il nome di Vittori come cestista più completo del nostro campionato. Paolone infatti conosceva alla perfezione i movimenti dei pivot e quando trovava un marcatore di statura inferiore alla sua lo portava a spasso sotto i tabelloni. Ed è stato non solo un grande tiratore ma anche eccellente nella fase difensiva, inoltre pure abile come guardia e apprezzato play in caso di necessità. Infine Vittori aveva un tempo cestistico eccellente che gli permetteva, pur non essendo particolarmente veloce, di fare entrate devastanti nelle difese avversarie.
Paolo Vittori è rimasto a Varese quando si è ritirato, al nostro sport ha regalato quel gioiello promozionale e tecnico che è l’annuale torneo per i giovanissimi, dedicato a Garbosi il tecnico che portò Varese al primo scudetto.
Insomma è un pezzo pregiato della nostra storia sportiva, per di più meritevole di attenzione anche per la sua completezza tecnica.
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