Asilo Mariuccia: «Caro Calenda, venga a conoscerci»

Un'educatrice che ha spesso a che fare con la struttura che ospita ragazzi e ragazze adolescenti, ha qualcosa da dire al ministro Calenda

Avarie

Dietro ai modi di dire, alle frasi fatte o a certi detti della tradizione, si nascondono a volte storie che vale la pensa di conoscere.

E’ il caso dell’Asilo Mariuccia, ri-balzato agli “onori della cronaca” dopo che il ministro Calenda l’ha citato, come spesso avviene, per evocare un clima di infantilismo e di discussione sterile e capricciosa (nella fattispecie riferendosi al dibattito interno del Pd).

Calenda non è il solo ad usare questo modo di dire tipicamente milanese. Ne abbiamo ieri parlato in un articolo.

Oggi, su Facebook Barbara Boggio, educatrice malnatese ed autrice del blog “Per tentativi ed errori“, torna sulla questione avendo, più di altri, titolo per farlo, e affrontandola con lo spirito lieve ma pungente che caratterizza il suo blog.

Ecco il suo post:

I modi di dire arrivano da lontano e, si sa, sono duri a morire – scrive Barbara Boggio – Magari sarebbe cosa buona e giusta sapere di cosa si sta parlando, in particolar modo quando si occupano posizioni importanti o di mestiere si fa comunicazione.

Caro ministro Calenda, lei è solo l’ultimo di una lunga serie di personaggi più o meno noti che a conclusione di un discorso cita l’Asilo Mariuccia, come esempio ultimo di infantilismo, caos e confusione. Bene, volevo dirle che ha ragione.  Glielo dice un’educatrice che da oltre vent’anni ha molto a che fare con questa struttura.

C’è infantilismo, vero. D’altronde ospitiamo bambini e ragazzi.
C’è caos. Altroché. Siamo tanti, tra adulti e ragazzi, che stanno insieme per ventiquattro ore sette giorni su sette, feste comandate incluse.
C’è confusione. E tanta, anche. Si immagini le voci, le risate, le discussioni, la musica che è sempre troppo alta e nemmeno bellissima, tra i rapper ascoltati dagli adolescenti e le canzoni popolari albanesi, che magari all’inizio ti incuriosiscono ma dopo qualche ora ne faresti volentieri a meno.

Oltre tutto questo, però, c’è qualcosa di più.  Si chiama accoglienza, ascolto, condivisione.
In quel caos e in quella confusione noi partecipiamo alla più importante avventura di un essere umano: la crescita. 
Con alterne fortune e improvvisi stupori, ma sempre con la voglia di esserci.

Le parole sono importanti, e vanno usate con cura.
Perché, mi creda, quando c’è tanta confusione da noi verrebbe da dire “basta, non siamo mica a Montecitorio”. 

Caro ministro, venga a conoscerci. Se abbassiamo la musica possiamo parlare.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Marzo 2018
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