Gli svizzeri abrogano la Lia
La legge imponeva agli artigiani italiani di iscriversi a un albo pagando una tassa. I ticinesi ribadiscono che continueranno a vigilare sul mercato del lavoro, Confartigianato chiede che non ci siano ulteriori irrigidimenti
Alla fine e dopo due anni gli svizzeri hanno deciso di abrogare la Lia, la legge che imponeva alle imprese artigianali italiane del settore casa di iscriversi a pagamento a un apposito albo per svolgere la propria attività sul territorio cantonale.
La decisione, presa dal Consiglio di Stato ticinese, conferma tutti i dubbi sull’utilità delle misure protezionistiche in tema di economia, soprattutto in quelle situazioni in cui i rapporti tra stati sono consolidati da molto tempo. Probabilmente, a conti fatti, la demagogia non ha pagato, perlomeno non più di quei 400 o 600 franchi (in caso di rinnovo o nuova iscrizione) che l’imprenditore italiano era costretto a versare insieme a un mare di scartoffie per dimostrare di avere le necessarie professionalità e competenza.
RESTANO ALCUNI DUBBI
«La nota diramata dal Governo – spiega Matteo Campari, del servizio Internazionalizzazione e area business di Confartigianato imprese Varese – lascia ancora qualche dubbio in merito a quelle che saranno le conseguenze di questa abrogazione, a cominciare dal rimborso dovuto a coloro i quali hanno già versato l’importo per l’anno in corso. Nei prossimi giorni monitoreremo con attenzione l’evoluzione del processo e informeremo con la massima puntualità le imprese che in questi mesi hanno dimostrato attenzione e rispetto delle normative Cantonali».
GLI AVVERTIMENTI DEGLI SVIZZERI E LA RISPOSTA DEGLI ARTIGIANI
Nella sua nota il Consiglio di Stato ticinese rimarca l’importanza di proseguire nell’azione di contrasto alla concorrenza sleale annunciando che: «Il dipartimento delle finanze e dell’economia, in parallelo, continuerà a sostenere e sviluppare gli sforzi per la tutela del mercato del lavoro ticinese». Un passaggio che Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese, ha così commentato: «Abbiamo sempre ribadito la disponibilità delle nostre imprese al rispetto di norme che tutelino la qualità del lavoro, senza discriminazioni. Auspichiamo tuttavia che questa decisione non porti a un ulteriore irrigidimento nei confronti dell’imprenditorialità italiana operante oltreconfine, nel rispetto dei principi di concorrenza leale e apertura del mercato che da sempre contraddistinguono economie sane e mature».
C’è un piglio di sano orgoglio italico nella risposta del presidente di Confartigianato che a sua volta lancia un appello ai politici, regionali e nazionali, freschi di elezione. «Auspichiamo che Regione Lombardia e Governo – conclude Galli – facciano tutto il possibile affinché venga tutelata l’imprenditorialità italiana che rispetta le leggi e opera a sostegno del tessuto economico nazionale. Sin d’ora siamo pronti a un confronto con tutti coloro che riterranno utile confrontarsi con le pmi».
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