Indagati per imbrattamento, ripuliscono il Palaghiaccio
Tra domenica e lunedì una dozzina di giovani ha riportato ai colori originari una parete dell’edificio sportivo. Un gesto simbolico che piace alle autorità
Il grigio perla sul muro non arriva proprio fino a terra e per questo si capisce che sotto a quella parete imbiancata di fresco, al Palaghiaccio di Varese c’erano ben altri colori, fino a due giorni fa.
Lo stesso vale per alcune porte delle uscite di sicurezza che danno sulla pista di pattinaggio su ghiaccio, nel retro, dove si sente ancora l’odore della vernice rossa dipinta da poco.
Prima, disegni e sagome lasciate dai graffitati. Ora muri splendenti, ridipinti di fresco.
Ieri mattina, e poi ancora nel pomeriggio e prima ancora domenica scorsa, 13 di quei ragazzi che oggi sono indagati dalla procura della Repubblica per imbrattamento e danneggiamento, erano alle prese con pennelli e colori per rimettere tutto a posto.
«Beninteso, non si tratta di un’ammissione di colpa, e infatti chiederemo l’archiviazione per i nostri assistiti», specifica Martina Zanzi, uno degli avvocati che difendono i giovani, tutti nati negli anni Novanta, che ieri l’altro, invece di andarsi a bere l’aperitivo della domenica mattina, si sono dati appuntamento fuori dal Palaghiaccio per rimettere a nuovo una parete, fra le tante che passeggiando per Varese risultano segnate da disegni – a volte vere e proprie opere d’arte – e da “tag”, segni lasciati sui muri come sigla dell’autore.
L’indagine a cura della polizia locale di Varese e coordinata dal pubblico ministero Annalisa Palomba è stata in grado di catalogare 5 mila graffiti, 150 “tag” e una decina di bande che si sfidavano a colpi di murales su palazzi e in alcuni casi monumenti.
Luoghi pubblici, come pubblici erano alcuni mezzi di trasporto presi di mira. Ma anche edifici privati.
Per questo gli inquirenti avevano denunciato in origine una trentina di persone, cinque delle quali minorenni.
Ma questo gesto, che ha voluto rappresentare un segno di rispetto del decoro pubblico più che di ravvedimento – in quanto, lo ripetiamo, si professano innocenti – potrebbe venire letto a loro favore, spingendo gli stessi inquirenti, magari, a chiedere l’archiviazione per “particolare tenuità del fatto”: un’ipotesi prevista dal codice penale che in un articolo parla di “punibilità esclusa” in presenza di una determinata condotta anche alla luce dell’esiguità del danno.
Una decisione che lascerebbe la fedina penale di questi giovani non compromessa e che «rappresenta un gesto importante volto al recupero sociale».
Così commenta il vicesindaco Daniele Zanzi, che fa notare come l’amministrazione sia attenta a porre un argine a situazioni di degrado, così da evitare la “teoria della finestra rotta”: un meccanismo criminologico sulla capacità di “contagio” del disordine urbano.
«Degrado chiama degrado», specifica Zanzi «e per questo non vogliamo lasciare indietro nessuna parte della città: siamo intervenuti per esempio al Roccolo, nella parte alta dei Giardini, e anche ai bagni pubblici. Ci sono momenti in cui la società civile deve avere la forza, coi propri mezzi, di andare a riappropriarsi dei luoghi. Anche dipingendo muri imbrattati».
Per questi ragazzi – molti dei quali hanno un trascorso di studi legato a discipline artistiche e tuttora impegnati in alcune associazioni culturali – , una volta asciugati i pennelli, non resta che attendere il corso che farà la giustizia.
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