Rifiuti spaziali: la minaccia arriva dal cielo
La stazione spaziale cinese, in caduta libera verso la terra, pone il problema dello smaltimento degli oggetti in orbita. Un problema noto agli studenti dell'Istituto Ponti
Sono circa 13.000 gli oggetti che fluttuano nel cielo sopra le nostre teste. Tra i 300 e i 36.000 chilometri ci sono moltissimi satelliti (oltre a detriti di vario genere), la cui vita media è all’incirca di 5 anni. Una volta terminata la missione, a seconda dell’altezza in cui sono collocati, ci mettono dai 5 ai 20 anni per ritornare sul nostro pianeta. Prima o poi, dunque, la Terra si trova a dover fare i conti con i “rifiuti spaziali” in caduta dallo spazio.
Lo scorso anno, l’istituto superiore Ponti di Gallarate , con un progetto specifico, ha attivato una stazione di osservazione insieme alla società Aviosonic Space Tech che ha brevettato, a livello mondiale, un sistema di controllo della traiettoria di caduta di questi rifiuti. Chiamata DeCas, è una sorta di scatola nera posizionata sugli oggetti spaziali che fornisce, in tempo reale, le informazioni necessarie a individuare la zona di impatto, con un anticipo adeguato per mettere in salvo persone, ma anche installazioni sensibili e traffico aereo.
D’intesa con tutte le istituzioni preposte alla sicurezza di cielo e di terra, il controllo di ciò che avviene nell’atmosfera diventerà sempre più importante: « Nei prossimi anni, la presenza di oggetti raddoppierà con il lancio di ulteriori 15.000 satelliti – spiega Piermarco Martegani, fondatore della Aviosonic – Noi siamo una start up, nata nel 2015, il cui valore, però, è già stato riconosciuto a livello internazionale in virtù del nostro brevetto. Il problema, oggi, è riuscire a ottenere adeguata attenzione sul discorso della prevenzione: stiamo parlando di aziende che investono miliardi in tecnologia e che hanno difficoltà a pianificare ulteriori stanziamenti in termini di prevenzione di eventuali futuri danni collaterali».
Ma questi “danni collaterali” stanno preoccupando le popolazioni di un’ampia fascia terrestre. Il giorno di Pasqua, infatti, si prevede che ricadranno sul nostro pianeta frammenti della stazione spaziale cinese. La fascia interessata è assolutamente grande e non ci sono strumenti per prevedere una possibile o probabile traiettoria: « Il traffico aereo sarà maggiormente interessato a individuare le zone a rischio caduta – spiega il manager – ma uguale interesse lo hanno tutte le autorità di sicurezza nazionali».
La pioggia di detriti potrebbe coprire un’area di 70 chilometri di larghezza per 2000 di lunghezza. Non sempre l’attrito dell’atmosfera è sufficiente a disintegrare i materiali in caduta: ci sono parti che sono costruite per essere indistruttibili come, ad esempio, il motore. I detriti della stazione spaziale cinese cadranno in un punto non definito del pianeta terra: « Se ci fosse stato a bordo il nostro dispositivo – commenta Piermarco Martegani – avremmo potuto identificare l’area interessata durante la fase di caduta. Non saremmo riusciti a intervenire per modificare la traiettoria, ma attivare i dispositivi e i sistemi di allerta delle aree interessate, sì».
In assenza di tecnologie di rilevazione delle traiettorie dei detriti ci affidiamo alle statistiche: rientri avvengono tutti i mesi. È un terno al lotto, ma con probabilità più basse di vincere il superenalotto.
Tra il 2019 e il 2021, l’Aviosonic Space Tech arriverà a ben 5 missioni nello spazio: « Nel gennaio prossimo – racconta il fondatore dell’azienda – torneremo all’istituto Ponti e avvieremo un’esperienza di Alternanza scuola lavoro. Sarà un’attività più complessa perché oltre a registrare i dati che ci invierà il satellite, potremo anche interagire direttamente con alcuni sistemi a bordo. Per gli studenti sarà l’occasione di lavorare su tecnologie spaziali sofisticate».
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