I tre consigli dell’Arcivescovo che incontra i detenuti
Monsignor Mario Delpini ha celebrato per la prima volta la messa ai Miogni. «Questo è luogo di prova, difficoltà e dolore, ma anche di amicizia»

Un tappeto rosso, le guardie sull’attenti e un Cristo che osserva dall’alto tutti quanti, agenti di custodia e famiglie, volontari del carcere e detenuti, che guardano dal primo piano dei Miogni attraverso una rete.
Tutti sono in silenzio per ascoltare «le tre cose vecchie da lasciarci alle spalle». Per i credenti le parole dell’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini sono parola di Dio. Per chi il segno della croce l’ha dimenticato, o non lo conosce, sono comunque consigli da tener da conto tra quattro mura, dove di colorato ci sono solo le porte – azzurre – e dove il tempo fatica a passare, e i pensieri, se girano senza sapere dove andare, ti divorano la vita.
E allora ecco che non considerare la vita come un pianto continuo, non desiderare la rivincita a tutti i costi, e non essere impazienti, rappresentano i tre segreti che questo saggio uomo di chiesa, e di fede, si sente di dispensare ad altri uomini spesso visti come gli ultimi, ma che in carcere, oltre che per pagare, dovrebbero starci anche per migliorare.
Tre motivi per cambiare vita.
Ci sono detenuti che cantano nell’ampio corridoio, dove a metà della lunghezza è stato ricavato un altare. C’è musica e voglia di pregare.
Delpini arriva alle 17 di un sabato piovoso che precede la Pasqua e porta un po’ di festa nella Casa Circodariale: al termine della cerimonia sale al piano superiore dove tutti i detenuti gli stringono la mano, da basso qualche parente saluta con la la mano, a mezzo sorriso, e qualcuno si lamenta velocemente: «Certo che potevano farli scendere». Ma tant’è.
C’è il tempo per i canti e per la comunione, per le letture. Viene scelta la prima lettera di san Paolo ai Corinzi, proprio quel Paolo di Tarso che i cristiani li perseguitò, per poi convertirsi.
E qui sta il punto nel ragionamento di Delpini: «Se Paolo, che è stato persecutore dei cristiani, è stato in grado di convertirsi, e addirittura divenire apostolo, allora questo atto di fede è nella possibilità di chiunque».
Un messaggio di speranza legato anche ad un altro pensiero, la redenzione: «Qualunque siano i nostri sbagli, tutti possiamo ricevere la stima di Gesù».

Parole facili da intendere, comprese, in grado di toccare nel profondo.
Era la prima volta che monsignor Delpini varcava la soglia dei Miogni per celebrare, accompagnato nella liturgia dal cappellano del carcere, don Giuseppe Pellegatta: porterà a Milano un volto di Cristo donatogli dai detenuti, ai quali ha regalato dei sacchettini color porpora contenenti la corona del Rosario: «Mi auguro che ce ne siano abbastanza per tutti».
Al termine della cerimonia Delpini ha visitato la cappella del carcere varesino.
Domani, domenica 1 aprile, solennità di Pasqua, alle ore 9.00, l’Arcivescovo visiterà i detenuti del carcere di Opera e celebrerà la messa con loro e il personale della casa di reclusione.
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