Sanità, scuola e pubblica amministrazione: 25mila dipendenti rinnovano le rsu
Dopo il rinnovo del contratto, arrivano le elezioni per le rsu dal 17 al 19 aprile. Cgil: «In provincia nella PA persi 500 posti di lavoro mai rimpiazzati. È necessario un rilancio dell'occupazione»
Umberto Colombo segretario provinciale della Cgil parla di «Ultima chiamata». Il riferimento va alle elezioni delle rsu (rappresentanza sindacale unitaria) dei lavoratori del pubblico impiego, circa tre milioni di persone in Italia, impiegate a vario titolo nella sanità, nell’istruzione e nella pubblica amministrazione, che si terranno dal 17 al 19 aprile.
In provincia di Varese i dipendenti di enti locali, sanità e funzioni centrali sono 15mila, quelli della scuola, 10mila. La Fp Cgil (Funzione pubblica) e la Flc Cgil (Federazione lavoratori della conoscenza) esprimeranno in tutto 360 candidati, di cui 241 nel comparto scuola in grado di garantire una copertura del 96% delle istituzioni scolastiche e il 100 % di università e centri di ricerca. Il 30% dei candidati è alla prima esperienza in una rsu.
Nell’ultimo rinnovo, che fece segnare un buon 70% di affluenza alle urne, le categorie della Cgil, Flc e Fp, risultarono il primo sindacato nella scuola e nella pubblica amministrazione, rispettivamente con il 40% e il 47%,mentre nella sanità si piazzarono dopo la Uil con il 15% dei voti.
Il comparto pubblico continua ad essere il più importante datore di lavoro del territorio, anche se il blocco delle assunzioni di questi anni ha contribuito alla non sostituzione di almeno 500 lavoratori. «È stata una vera e propria emorragia – dice Giancarlo Ardizzoia – segretario provinciale della Fp – che si traduce in minori servizi per i cittadini. Il Comune di Varese, per esempio, ha perso 70 lavoratori, mai rimpiazzati. Ci sono amministrazioni che non sono in grado di fare la carta d’identità elettronica. Ecco perché è necessario un rilancio dell’occupazione se si vuole ammodernare la pubblica amministrazione dove l’età media si attesta oltre i 50 anni».
«Molti servizi – aggiunge Giada Moretto, segretario organizzativo della Fp Cgil – vengono esternalizzati con un aggravio di costi. Il contenimento della spesa pubblica fatta sulla pelle dei dipendenti non ha rallentato l’aumento dei costi e ha peggiorato i servizi».
IL NUOVO CONTRATTO E LA CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL LAVORO
Per quasi dieci anni i dipendenti pubblici sono rimasti senza contratto. Il 30 novembre del 2016 è stato raggiunto l’accordo tra le parti, con il ripristino degli aumenti salariali pari a 85 euro a regime però dal marzo 2018 per motivi di copertura. «Il contratto della scuola – spiega Alessandro Viggiano, segretario provinciale della Flc – è stato bersaglio dell’azione del legislatore che ha provocato un clima di conflittualità, una legge non può entrare a gamba tesa in un contratto. Con questo rinnovo si ridà forza alla contrattazione di istituto e si restituisce un credito di democrazia di cui il mondo della conoscenza ha fortemente bisogno».
Molti dipendenti della pubblica amministrazione, della scuola e della sanità hanno sottoscritto la Carta dei diritti universali del lavoro, la proposta di legge di iniziativa popolare della Cgil per un nuovo statuto dei lavoratori. Un passaggio importante perché in gioco ci sono i temi della democrazia, della partecipazione, della contrattazione e della rappresentanza. Secondo Ardizzoia, il ricorso in questi anni ad una tutela ad personam da parte di altre associazioni è stato un vero autogol perché «dove non c’è una visione complessiva di dove sta andando il sistema pubblico, il rischio è la frantumazione sindacale».
«La Cgil tutela interessi collettivi – conclude Colombo – non solo quelli individuali. Chiediamo di votare i nostri delegati perché in questo modo si sostiene la Carta dei diritti universali del lavoro. La Cgil ha fatto un enorme lavoro nelle fabbriche e nelle piazze per dare vita a questa proposta di legge popolare. Ora aspettiamo che i vari gruppi parlamentari, rispettando gli impegni presi, la discutano».
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