Un mese nel “limbo” per i richiedenti asilo che lavoravano per la Kb
50 richiedenti asilo dopo la chiusura dei centri della Kb srl sono rimasti senza protezione, senza casa e senza lavoro. Ora chiedono di rientrare nel percorso di accoglienza

C’è chi è ospitato da amici, chi ha trovato un alloggio di fortuna e chi vive per strada. Sono i 50 richiedenti asilo che lavoravano per la Kb srl e che durante le operazioni di chiusura dei centri sono rimasti a terra, perdendo la protezione dello Stato e il posto di lavoro.
E così a quasi un mese dai primi sgomberi si sono ritrovati davanti alla Prefettura di Varese per chiedere quale sarà il loro destino. «Alcuni di loro lavoravano solo da qualche mese e altri non hanno avuto neanche la prima risposta della commissione» dice Luca Pistoia, sindacalista dalla USB che sta seguendo la vertenza. Un problema doppio perchè se da un lato «questi ragazzi hanno perso il loro posto di lavoro» dall’altro «hanno perso anche la residenza, quindi nessuno sa se e dove arriveranno le lettere da parte delle commissioni per la richiesta di asilo».
La richiesta è quindi semplice: «rientrare nel percorso di accoglienza per i richiedenti asilo». E’ questo ciò che i sindacati hanno chiesto agli uffici della Prefettura, raccogliendo la promessa «di una valutazione caso per caso, senza però avere date e impegni precisi». Una richiesta che nasce anche dal fatto che «questi lavoratori erano sfruttati, lavoravano 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 senza ferie» e questo «indipendentemente dal fatto che per alcuni il contratto fosse per un part-time».
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