A Varese un 25 Aprile nel segno delle donne partigiane
Donne e costituzione al centro della festa della liberazione. Standing ovation per Ivonne Trebbi la staffetta partigiana che in un Salone Estense gremito di persone ha raccontato la nostra storia
È stato un 25 Aprile diverso quello del 73mo anniversario. Più partecipato e sentito, rispetto agli ultimi anni. Il merito va alla presenza e all’intervento al Salone Estense del Comune di Varese di Ivonne Trebbi, la staffetta partigiana “Bruna” che operò nella provincia di Bologna. A 90 anni e con una lucidità e una grinta da far invidia a una ragazzina, nel suo discorso non ha tralasciato proprio nulla raccogliendo un’autentica ovazione finale dalla numerossima platea. In prima fila anche rappresentanti delle forze dell’ordine e del mondo politico locale e nazionale , tra cui il senatore Alessandro Alfieri, la deputata Maria Chiara Gadda, l’assessore regionale Raffaele Cattaneo e Daniele Marantelli.
Ivonne Trebbi ha ricordato la sua «scelta consapevole» di abbracciare la lotta partigiana e sottolineato quanto è importante usare precise parole quando si parla di donne nella Resistenza. «La parola contributo andrebbe abolita – ha spiegato la partigiana – perché le donne sono state la Resistenza». Ha ricordato due altre passionarie, Nuccia Casula, staffetta partigiana e alunna del liceo Cairoli di Varese morta durante un rastrellamento fascista a Piacenza, e la spagnola Dolores Ibárruri, che combatté nella guerra civile contro il dittatore Franco. L’unica citazione maschile l’ha riservata alla grande icona della lotta partigiana varesina: il comandante Claudio Macchi.
Ha ripercorso gli anni della guerra e della prigione e anche quelli della ricostruzione vissuti a Varese dove venne ad abitare, ricordando l’esperienza di consigliere comunale nell’amministrazione Ossola, prima approdare in parlamento nelle file del Partito comunista.
Ivonne Trebbi ha ribadito lo scempio delle leggi razziali contro gli ebrei, entrando nel merito di una questione attualissima. «Il fascismo sosteneva che il popolo migliore e la razza superiore hanno il diritto di soggiogare gli altri – ha detto Ivonne Trebbi – e di pretendere che gli altri popoli condividano l’affermazione “la razza bianca è superiore”». Un passaggio che ha raccolto un lunghissimo applauso della platea e degli altri relatori, compreso quello Attilio Fontana, che durante la campagna elettorale si lasciò scappare la frase «la razza bianca è a rischio» scatenando una polemica infinita.
La costituzione è stata l’altra grande protagonista della giornata citata a più riprese nei loro interventi dal sindaco Davide Galimberti, dal governatore Attilio Fontana e da Riccardo Conte dell’Anpi . Il primo cittadino di Varese ha scomodato due autentici colossi: Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Secondo Galimberti, sono stati proprio gli avvenimenti che si consumarono nei venti mesi della Resistenza a determinare una svolta radicale nella storia del nostro Paese, una cesura netta di cui i padri costituenti erano consapevoli che spiegherebbe l’antifascismo strutturale della carta fondamentale dello Stato. «Fu questo che spinse l’Assemblea costituente ad adottare una tavola di principi fondamentali, a cui l’architettura istituzionale dello Stato repubblicano avrebbe dovuto dare forma storica – ha detto il sindaco -. Lo spiegò bene Giorgio La Pira nella seduta del 9 settembre del 1946: “Data […] l’esperienza fatta dello Stato fascista, è necessario che alla Costituzione strettamente detta, cioè alla parte relativa alla struttura costituzionale dello Stato, sia premessa una dichiarazione dei diritti dell’uomo…”. E ancora, in anni più vicini a noi, un altro costituente, Giuseppe Dossetti, ricordò come «La costituzione italiana è nata ed è stata ispirata — come e più di altre pochissime costituzioni — da un grande fatto globale, cioè i sei anni della seconda guerra mondiale».
C’è dunque una continuità della Resistenza nel portato antifascista della costituzione che non può essere disconosciuto e dimenticato. «Varese ha dato un grande contributo di sangue alla libertà – ha detto il governatore Attilio Fontana – e dobbiamo alla vita di quelle persone il fatto che ci stiamo godendo da 70 anni la pace in un paese cresciuto in maniera prospera, equa e solidale. La costituzione su cui si basa la nostra realtà ha avuto il merito di individuare valori assoluti e non di parte e di sanare la ferita e le differenze che al termine della guerra avevano lasciato dei segni duri e difficili da guarire».
La costituzione secondo Riccardo Conte va collegata all’Europa a quella visione unitaria nei valori maturata dopo la guerra. «Dobbiamo ringraziare quel gruppo di visionari che a Ventotene scrissero il manifesto per un’Europa unita – ha concluso il rappresentante dell’Anpi – perché se siamo vissuti nel più lungo periodo di pace, lo dobbiamo all’Europa. E il nostro senso di inadeguatezza è venuto meno nel momento in cui noi siamo diventati il loro testimone, rappresentato dalla costituzione che abbiamo consegnato ai più giovani. La carta fondamentale dello stato è una pietra miliare della nostra civiltà perché racchiude i tre filoni principali del pensiero europeo: quello liberale, quello socialista e quello della dottrina sociale della chiesa».
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