Le vecchie carceri di Busto rivivono grazie alla realtà virtuale
La struttura, abbandonata dagli anni '80, è stata oggetto di un reportage fotografico a 360° ad opera di Simone Andreella e Sarah Leoni
Corridoi polverosi, muri scrostati, calcinacci sui pavimenti: è così che si presentano gli ambienti all’interno delle carceri ottocentesche di Busto Arsizio, in centro, realizzate tra il 1851 e il 1885 su progetto dell’ingegnere Giuseppe Brivio.
Attive per quasi 130 anni, sono state dismesse nel 1984 e da allora nessuno ci ha più messo piede almeno fino al 2016, anno in cui l’edificio è stato aperto al pubblico per una visita straordinaria. «Un paio di anni fa, tramite la pagina Facebook del Comune, ho visto che organizzavano un open day con un docente dell’università e permettevano di entrare per dare un’occhiata» ricorda Simone Andreella, fotografo per passione e organizzatore, insieme con Sarah Leoni, del famoso Festival Internazionale di Fotografia e Arti Multimediali Dia Sotto le Stelle.
«Questo edificio mi ha sempre affascinato fin da bambino, quando con mia nonna passavo per strada e lo vedevo abbandonato. Non potevo farmi sfuggire l’occasione così sono venuto di corsa con la macchina fotografica». E dopo quell’esperienza Simone e Sarah hanno deciso di realizzare un reportage a 360° della struttura per offrire a tutti l’opportunità di esplorarne gli ambienti in profondità.
Si sa, oggi la realtà ha una nuova dimensione, quella virtuale, punto di partenza per esperienze coinvolgenti e interattive che permettono di entrare in contatto con gli spazi in modo nuovo e diverso, quasi totalizzante. «Con un’immagine VR -spiega Simone- siamo in grado di catturare l’anima di questo edificio in tutte le sue stanze». Forse è proprio questo il segreto della realtà immersiva che sarà raccontata anche nel film Digitalife.
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