Mali: nella misteriosa terra degli “alieni” Dogon
Il viaggio in Mali prosegue nella terra del popolo Dogon, seconda tappa di questo percorso avventuroso e affascinante.
Giancarlo Samaritani ci presenta un nuovo documentario della rubrica “In viaggio col Mercante”. Un viaggio partito dall’Africa che si snoda sulle tracce delle antiche vie commerciali percorse nel passato dalle carovane degli antichi mercanti. Il viaggio in Mali prosegue nella terra del popolo Dogon, seconda tappa di questo percorso avventuroso e affascinante.
Durante la spedizione in Mali seguendo le rotte degli antichi mercanti del passato ho preso una deviazione che mi ha portato verso uno dei più importanti siti di interesse etnografico di tutta l’Africa.
Allontanandoci dal fiume Niger ci siamo inoltrati in un territorio arido e roccioso, la terra del popolo Dogon. Grazie a questa natura apparentemente inospitale ed ostile una intera popolazione è riuscita a sfuggire alle lotte tribali ed alle continue dominazioni coloniali. L’isolamento ha inoltre preservato per secoli la loro cultura e la religione mantenendole autentiche fino ai giorni nostri.
L’architettura dei loro villaggi è incredibile, le case sono praticamente aggrappate alla roccia e sembrano fortezze in miniatura. Sono fabbricate con blocchi di terra cruda rafforzate con tronchi d’albero ed intonacate con malta d’argilla. L’abitazione è priva di finestre, quindi l’interno è buio ed il fuoco acceso affumica ogni cosa. Ho avuto l’occasione di visitarne una, l’unica apertura si trova al piano terra, all’interno una minuscola scaletta porta al piano superiore dove un piccolo sbocco permette di accedere al terrazzo che è utilizzato per stendere i cereali a seccare. Il fumo presente all’interno annebbia la vista e fa mancare il respiro…
Percorrendo piste piuttosto difficili raggiungiamo il villaggio di Songho, luogo di importanza sociale collettiva, proprio qui ogni tre anni si riuniscono i ragazzi che raggiungono l’età della circoncisione.
Mi viene spiegato che il rituale d’iniziazione che coinvolge i giovani di tutta la regione si svolge da secoli ai piedi di una parete rocciosa raffigurante pitture rupestri di animali ed alberi. In particolare il segno dello zig-zag che richiama il movimento del serpente che a sua volta raffigura un antenato che dopo essere stato sepolto nel campo primordiale si trasformò nel serpente Lebè.
Proseguendo con il fuoristrada tra arbusti spinosi, acacie e baobab finalmente vediamo la porta che indica l’ingresso della citta di Shanga.
Lo scenario ricorda un magico presepe incontaminato. Nella piazza del villaggio un enorme baobab veglia sui bambini che giocano allegramente. Mi chiedo da quanti anni svolge questa funzione… Silvia ed io ci sentiamo proiettati in un epoca remota, tutto sembra fermo nel tempo. Una situazione che rimarrà scolpita nei nostri ricordi in modo indelebile, non abbiamo nemmeno il coraggio di filmare o scattare fotografie, restiamo li a bocca aperta ad assaporare questo privilegio.
Una figura di spicco nel villaggio è il capo spirituale, chiamato Hogan, la sua casa è chiamata Guinna, ed è decorata con diversi feticci e teschi di animali sacrificati, è qui che ogni notte il serpente Lebè gli fa visita per trasmettergli i suoi insegnamenti.
La cultura dei Dogon ha origini misteriose, così come misteriosa è la loro conoscenza ancestrale del cosmo. Fuori dal villaggio incontriamo l’indovino, che legge il futuro interpretando le tracce lasciate dalla volpe sulla sabbia.
Ciò che ho visto fino a questo momento è senza dubbio interessante ma quel che mi aspetta è a dir poco sorprendente…davanti ai miei occhi ecco improvvisamente la falesia di Bandiagarà, una lunghissima formazione rocciosa alta 500 metri che si estende a perdita d’occhio per circa 200 chilometri. Discendere l’alto costone di pietre per raggiungere i villaggi sottostanti è molto faticoso, inoltre fa veramente molto caldo. Le donne apparentemente meno affaticate di noi risalgono percorrendo il sentiero roccioso appesantite da grandi contenitori di acqua sulla testa. Dal fondo si dipartono seguendo un disposizione precisa le case ed i granai. Osservando dal basso la parete si vedono a metà altezza gli antichi insediamenti dei primi abitanti della zona, i Tellem, che a quanto si apprende pare si fossero rifugiati sulla falesia per sfuggire alle lotte tribali. Dapprima in grotte naturali per poi costruire abitazioni di fango incastonate nelle cavità e raggiungibili solo calandosi con delle corde dalla sommità.
Ma chi sono questi misteriosi Dogon? Loro pensano che gli antenati siano venuti dallo spazio, alcuni studiosi non si spiegano le loro conoscenze del cosmo ed in particolare della stella Sirio. Gli anziani sostengono di essere i custodi di un canale di comunicazione esistente tra la terra e la stella, il loro compito è quello di tenere “pulito” questo canale attraverso il quale entità extraterrestri inviano informazioni al nostro pianeta.
Il popolo Dogon basa la propria economia sull’agricoltura ed essendo animisti per loro qualsiasi evento legato alla terra ed al cielo è scandito da rituali adeguati. Proprio ad uno di questi rituali avremo la fortuna di assistere come invitati speciali, raggiungiamo lo spiazzo sacro dopo una faticosa risalita tra le rocce, qui ci accolgono con molta cordialità alcuni anziani maestri che ci concedono i posti d’onore, i tamburi appaiono magicamente ed inizia una cerimonia straordinaria. Dalla montagna scendono correndo agilmente gli iniziati che indossano le maschere sacre, si tratta di uomini che hanno superato un rito misterioso che gli permette di far parte della società segreta delle maschere. Dietro di esse non si cela l’uomo che la indossa ma lo spirito che essa rappresenta. Ogni danzatore interpreta con movenze specifiche il carattere della propria maschera. Il ritmo diventa sempre più frenetico e la danza porta gli iniziati in uno stato di trance che li mette in contatto con gli spiriti. Ho la sensazione di percepire la presenza di energie soprannaturali…
Al termine della cerimonia sia le maschere che i tamburi ritornano ad essere custoditi in luoghi sacri e segreti. Non sapevo nulla dei Dogon, ora so ancora poco a dire il vero, ma ho percepito la loro densa spiritualità e questo già mi basta.
Lasciando questi luoghi con la vista della falesia negli occhi e tante scene nella mente mi viene naturale pensare che in questo luogo non solo i Dogon, ma tutto il creato abbia trovato un buon rifugio dove fermarsi a riposare un po’…
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